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Vite degli Eccellenti Comandanti

Cornelio Nipote
Casa Editrice Sonzogno Milano, 1927, pagine 104

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   XX. TIM0LB0NT8.
   principio condotte le colonie. Abbattè da' fondamenti la
   rocca di Siracusa, che Dionisio avea tonificata per battere la città, e demolì pure tutti gli altri ripari della tirannide, e pose ogni studio, perchè vi rimanessero più poche vestigia di servitù che fosse possibile. Essendo Ti-moleonte cosi potente, che sarebbe stato in sua mano il regnare anche a malgrado dei Siracusani, e tanto essendo amato da tutta la Sicilia, che neppur uno opponendovisi la signoreggiava, amò meglio esser amato che temuto. Pertanto più tosto che potè, depose il governo, e visse in grado di privato il rimanente de' suoi giorni. Nè questo egli fece imprudentemente; perciocché quello che gli altri re poterono appena ottenere coi comando, egli l'ottenne colla benevolenza. Non vi fu onore che gli mancasse, nè si fe' d'allora in poi cosa alcuna dal popolo di Siracusa, di cui siasi presa risoluzione innanzi di consultarne Timoleonte. E a' consigli di lui non pur quello di verun altro non fu mai anteposto, ma neppur messo in confronto. Il che facevano consigliati cosi dalla lor prudenza, come dalla benevolenza verso di lui.
   IV. Costui, arrivato all'età provetta, senza veruna malattia. perdè la vista ; la qual miseria sopportò egli con tanta moderazione, che niuno l'udì mai lamentarsene, nè cessò mai per questo di prestar l'opera sua agli affari si pubblici, come privati Che anzi interveniva al teatro allorquando il popolo vi si congregava a parlamento, e come cagionevole, vi si faceva condurre su d'un carro a due cavalli, dal quale diceva il suo parere. Non v'era persona che ciò gli attribuisse a superbia; imperciocché non gli usci mai di bocca cosa che sentisse dell'arrogante, o del vano. E qualunque volta gli avvenne di udire esaltare i suo) meriti, altro non disse se non che egli rendeva infinite grazie agli Bei, come conosceva di dover fare, perocché avendo essi disposto di ristorar la Sicilia, a lui piuttosto che ad altri voluto avessero appoggiare quest'intrapresa. Imperciocché egli era d'opinione, che niuna delle umane cose si faceva senza la volontà degli Dei. Perciò avea in sua casa eretta una cappella al Fato, la quale teneva in somma venerazione.
   V. Ad una sì eccellente bontà di Timoleonte s'aggiunsero accidenti maravigliosi. Imperciocché tutte le più considerabili battaglie le diede nel giorno della sua nascita : onde la Sicilia tutta ebbe poi tal giorno per festivo. Un certo Lamestio, uomo petulante ed ingrato, volendolo obbligare a comparir in giudizio, con dire che intendeva di litigar seco, e molti essendo accorsi, i quali colevano reprimer colle mani la costui sfacciataggine, Timoleonte pregò tutti di non fare, giacché egli, affinchè fosse permesso di ciò fare e a Lamestio e a qualunque