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Vite degli Eccellenti Comandanti

Cornelio Nipote
Casa Editrice Sonzogno Milano, 1927, pagine 104

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   34 VITE DKGI,I ECCELLENTI COMANDANTI
   della legge: ma una sola cosa da quelli domandò, cioè che nella sua condanna si scrivesse: « Epaminonda è. « stato punito di morte da' Tebani, perchè li costrinse a « superare presso a Leuttra gli Spartani, ai quali, prima « che egli fosse generale, niuno tra' Beozii avea mai
   avuto cuore di'presentarsi in campo; e perchè in una « sola battaglia non pur Tebe tirò fuori dell'estenninio, « ma eziandio tutta la Grecia rimise in libertà: e a tale « stato ridusse gli affari degli uni e degli altri, che i Te-te bani battessero Sparta, e gli Spartani si stimassero « fortunati di potersi salvare: nè pria depose le armi, « che rimessa in piedi Messene, cinse d'assedio la città « loro. » Poich'èbbe ciò detto, si levò un riso universale con festa, nè veruno de' giudici osò votare. In tal maniera da un giudicio capitale se ne parti carico di gloria.
   IX. Questi nell'ultimo, essendo comandante appresso Mantinea, mentre schierato l'esercito, incalzava con gran vigore il nemico, conosciuto dagli Spartani, i quali nella perdita di lui solo giudicavano esser riposta la salute della lor patria, tutti insieme gli si avventarono contro ; né prima rientrarono, che fatto un gran macello, dopo aver uccisi molti altri, videro cadere Epaminonda sfesso percosso, mentre combatteva, da lungi con una ronca. Per la cui caduta ristettero alquanto i Beozii; non però abbandonarono la pugna prima che avessero sbaragliati i nemici, che facean testa. Ma Epaminonda, conoscendo di aver ricevuta una ferita mortale, e che se ne avesse cavato il ferro, che dall'asta gli era rimaso nel corpo, sarebbe subito morto, lo ritenne fin a tanto che gli fu riferito aver vinto i Beozii. Come ciò ebbe inteso: «Abbastanza ho vissuto, disse, imperciocché muojo senza mai esser stato vinto: » quindi cavato il ferro incontanente spirò
   X. Egli non menò mai moglie, del che essendo ripreso da Pelopida, il cjuale aveva un figliuolo infame ; e dicendogli colui che in questo mal provvedeva alla patria, perciocché non lasciava figliuoli: « Bada bene, rispose, che « tu non vi provvegga peggio, lasciando un figlio com' è « il tuo. Nè a me può già mancare prole, che lascio nata « da me la battaglia dì Leuttra: la quale non pure vìvrà « dopo di me, ma è forza che sia immortale. » Nel tempo che sotto la condotta di Pelopida gli esuli occuparono Tebe e cacciaron dalla rocca la guarnigione degli Spartani, Epaminonda fin a tanto che durò la strage de' cittadini, si trattenne in casa, non volendo nè difendere i malvagi, nè pugnar contro loro, per non lordarsi le mani del sangue de' suoi. Imperciocché giudicava funesta qualunque civil vittoria. Ma quando appresso Cadmea si cominciò la zuffa cogli Spartani, si pose tra'primi. Delle