Stai consultando: 'Vite degli Eccellenti Comandanti ', Cornelio Nipote

   

Pagina (56/105)       Pagina_Precedente Pagina_Successiva Indice Copertina      Pagina


Pagina (56/105)       Pagina_Precedente Pagina_Successiva Indice Copertina




Vite degli Eccellenti Comandanti

Cornelio Nipote
Casa Editrice Sonzogno Milano, 1927, pagine 104

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

Aderisci al progetto!

   
[Progetto OCR]




[ Testo della pagina elaborato con OCR ]

   34 VITE DKGI,I ECCELLENTI COMANDANTI
   V. Fu inoltre Epaminonda sì buon parlatore, che niuno fra' Tebani l'agguagliava nell'eloquenza: nè men grazioso nelle brevi risposte, che ornato nei lunghi ragionamenti. Ebbe contraddittore un certo Meneclide, pur di Tebe, suo avversario nell'amministrar la repubblica, assai, per un Tebano, esercitato nel dire. Imperciocché quella nazione ha più di robustezza che d'ingegno. Costui veg-gendo che nelle cose di guerra Epaminonda portava il vanto, non cessava di esortar i Tebani a dover anteporre la pace alla guerra, acciocché non si rendesse necessaria l'opera di un generale, qual era Epaminonda. Egli però; « Tu inganni, disse, i tuoi cittadini, con abusar del ter-« mine, mentre li distogli dalla guerra: imperciocché « sotto il colore della pace li meni alla servitù. La pace « si ottiene con la guerra. Per tanto, quei che bramano « di goder lunga pace , fa di mestieri che sieno eserci-.< tati nella guerra. Laonde se volete, o Tebani, essere i « primi della Grecia, dovete usarvi al campo, non alla » palestra. » Quel medesimo Meneclide rinfacciando ad Epaminonda, che non avesse figliuoli, nè avesse menata moglie, e molto più tacciandolo di superbia; perciocché gli paresse d aver acquistata in guerra la lode di Agamennone : « Cessa, gli disse egli, o Meneclide, di rimproverarmi circa la moglie: imperciocché in questo negozio di niuno voglio meno ascoltare il parere, che di te. Che poi io pretenda di agguagliare Agamennone, t'inganni: imperciocche quegli con tutta la Grecia, appena in dieci anni prese una citta; io per lo contrario con la sola nostra citta in un giorno solo, messi in fuga gli Spartani, liberai tutta la Grecia. »
   VI. Essendo Epaminonda venuto all'assemblea degli Arcadi, a chiedere che facessero lega co' Tebani e cogli Argivi; e al contrario essendovi Callistrato legato degli Ateniesi, il più eloquente uomo di quei tempi, il quale chiedeva che abbracciassero piuttosto l'amicizia deg'i Attici, e nel suo ragionare avea molte invettive lanciate contro de' Tebani e degli Argivi, fra le altre cose dicendo che gli Arcadi doveano por mente, qual cittadini jvessa l'una e l'altra citta dati alla luce, dai quali potessero formar concetto di tutti gli altri: che argivi erano stati Oreste ed Almeone, matricidi: che in Tebe era nato Edipo, il quale dopo di avere ucciso il proprio padre, ebbe figliuoli dalla madre, Epaminonda nel rispondergli, poiché ebbe degli altri capi ragionato, venendo a que'due rim-
   firoveri, disse, che si maravigliava della sciocchezza del-'attieo oratore, il quale non rifletteva, che quegli erano nati innocenti, e che commesso il misfatto in patria, ed essendone perciò scacciati, eran'i stati raccolti dagli Ate-atesi. Ma la costui eloquenza fece la sua maggior com-