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— No, monsignore. Bisogna che vi dica che il pasticciere che dimorava in faccia al castello e che si chiamava padre Martello...
— Ebbene?
— Ebbene, da otto giorni ha venduto il suo negozio ad un pasticciere di Parigi, essendo stato consigliato dai medici, a quanto sembra, di provar l'aria della campagna.
— E che importa a me di ciò ?
— Aspettate, monsignore ; di modo che questo maledetto pasticciere ha in mostra una infinità di cose che fanno venire l'acquolina in bocca.
— Ghiottone.
— Eh, Dio mio, monsignore, — riprese La Ramée, — non si è mica ghiottoni, se si ama mangiar bene. È nell'umana natura di cercar la perfezione nei pasticci come nelle altre cose. Or, quel pezzente di pasticciere, bisogna che vi dica, monsignore, che quando... mi vide fermato davanti alla sua vetrina, venne verso di me, colla lingua tutta infarinata, e mi disse:
— Signor La Ramée, bisogna farmi avere la clientela dei prigionieri della torre. Ho acquistato lo stabilimento del mio antecessore perchè mi ha assicurato che forniva il castello, ed invece, sull'onor mio, signor La Ramée, da otto giorni vi sono .installato, e il signor di Chavigny non fece comperare neppure un tortellino ».
— Ma allora, — gli dissi, — sarà probabilmente perchè il signor di Chavigny avrà timore che la vostra pasticceria non sia buona.
— Non buona la mia pasticceria! ebbene, signor La Ramée, voglio che giudichiate voi stesso, e subito.
— No, no, non incomodatevi, — gli risposi, — bisogna assolutamente che rientri in castello.
— Ebbene, — continuò, — andate pure per i fatti vostri se avete premura, ma ritornerete fra una mezz'ora,
— Fra una mezz'ora?
— Sì, avete fatto colazione?
— In fede mia, no.
— Ebbene, ecco qui un pasticcio che vi attende ed una bottiglia di vecchio Borgogna...
— E voi comprendete, monsignore, siccome sono digiuno, vorrei, col permesso di Vostra Altezza...
E La Ramée fece un inchino.
— Va dunque, animale, — disse il duca; — ma sta attento che ti concedo solo mezz'ora.