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— Olà! cos'è questa impertinenza? — gridò il duca; — chi è questo mariuolo ?
Grimaud non rispose, ma s'inchinò una seconda volta.
— Sei muto? — esclamò il duca.
Grimaud fece segno di no.
— Cosa sei allora? rispondi, te l'ordino, — disse il duca.
— Custode, — rispose Grimaud.
— Custode ! — esclamò il duca, — bene, non mi mancava che questa figura particolare alla mia collezione. Olà! La Ramée, qualcheduno.
La Ramée chiamato accorse; sgraziatamente per il principe, La Ramée fidandosi pienamente di Grimaud, stava per recarsi a Parigi; era diggià nella corte, e risalì malcontento.
— Che cos'è, mio principe? — gli domandò.
—• Chi è questo marrano che prende il mio pettine e se lo mette in tasca? —- chiese il signor di Beaufort.
— È uno dei vostri custodi, monsignore, un giovine pieno di merito che voi apprezzerete come il signor di Chavigny, ne sono certo.
— Perchè mi prende il mio pettine?
— Infatti, — disse La Ramée, — perchè prendete il pettine di monsignore?
Grimaud trasse il pettine dalla tasca, vi passò sopra il dito, e guardando e mostrando i grossi denti, si limitò apronunziare questa sola parola:
— Acuti.
— È vero, — disse La Ramée.
— Che cosa dice quest'animale? — chiese il duca.
— Che ogni strumento pungente è proibito dal re a monsignore.
— Oh, bella! ma siete pazzo, La Ramée? — riprese il duca.
— Non me l'avete dato voi stesso questo pettine?
— E feci malissimo, monsignore; perciò, dandovelo, mi sono posto in contravvenzione colla mia consegna.
Il duca guardò furiosamente Grimaud, che aveva reso il pettine a La Ramée.
— Preveggo che questa buona lana mi spiacerà enormemente, — mormorò il principe.
Infatti in prigione non si nutrono sentimenti intermedi; confondendo uomini e cose, siete amico o nemico, si ama o si odia talvolta con ragione, ma bene spesso ancora per