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Un Figlio del Sole

Jack London
Bietti Milano, 1931, pagine 316

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   UN FIGLIO DEL SOLE
   ne fra le narici un grosso penny inglese, annerito e verde, ma inequivocabile.
   — Sentite, Grief, — disse Pankburn con disinvoltura e padronanza di sè. — Voi dicevate che non conoscono che chicchi di collane e tabacco; benissimo; seguite un po' il mio piano. Hanno trovato il tesoro e noi dobbiamo impossessarcene con lo scambio di merci. Spiegate ora all'intera ciurma che deve interessarsi soltanto dei pennies. Mi spiego? Le monete d'oro devono essere deprezzate, quelle d'argento tollerate. I pennies devono essere le sole monete superva-lutabili.
   Pankburn s'incaricò di tale contrattazione. Per il penny al naso del Capo tribù diede dieci stecche di tabacco. Costando ogni stecca venti centesimi a Grief, l'affare era naturalmente cattivo. Ma per le mezze corone, Pankburn diede solo una stecca; e la fda di sovrane, rifiutò di prenderla in considerazione. Più egli rifiutava e più il Capo tribù insisteva per vendergliela. Finalmente, sotto la finzione dell'irritazione e con accondiscendenza, Pankburn diede due stecche per la collana che costava dieci sovrane.
   — Mi levo tanto di cappello davanti a voi, — disse Grief quella sera a Pankburn,
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