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Storia della Letteratura Italiana
Dalla metà del 700 ai giorni nostri
Giacomo Zanella
Francesco Vallardi Milano, 1880, pagine 192

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a cura di Federico Adamoli

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   108 capo in.
   ammira in Dante, Michelangelo e Sarpi, austera sublimità d'intelletto con semplicità di vita e maniere. Questa indole del Parini robusta, severa, quadrata, immobile, come la chiama il Giordani, e che il poeta espresse nella ode La Caduta, fu la vera musa di lui ; un odio profondo del fittizio, ed un costante amore del naturale così nelle forme della vita, come della letteratura. E però fra le poetiche pomposità di quel tempo la poesia del Parini dà l'immagine di una statua di Prassitele o di Canova collocata fra le contorte attitudini e gli svolazzi delle statue del Bernini e de' secentisti. Il Guidi così descrive l'avvicinarsi del nuovo secolo:
   Già sente a tergo i corridor veloci Della novella etade il secol nostro, E già pensa a deporre il fren dell'ore, E già di gigli. inghirlandata e d'ostro Presso l'Indiche foci Attende la beli'Alba il primo onore.
   Odasi ora il Parini:
   Inclita Nice, il secolo
   Che di te si orna e splende Arde già gli assi; l'ultimo Lustro già tocca e scende Ad incontrar le tenebre Onde una volta giovinetto uscì.
   E già vicino a' limiti Del tempo i piedi e l'ali Esercitali le vergini Ore, che a noi mortali Già di guidar s'affrettano Dell'anno che matura il primo di.
   E bello come il famoso frammento di Stesicoro sul tramonto del sole. E veramente il bello de' Greci era per Parini l'estremo dell'arte : lo studiava non solo negli scrittori, fra i quali gli erano prediletti Omero e Sofocle, ma negli stessi monumenti delle arti figurative, come appare dalle similitudini che seppe trarne nelle Odi l'Innesto del v aiuolo, il Dono, e nel frammento a Delia. Nel Mezzogiorno forse trascorre un po'troppo quando vede il Buongusto, che porta Sui menomi lavori i grechi ornati, trascinar anco In molli veli e nuziali doni Le greche travi, e docile trastullo farsi della moda le colonne'e gli archi Ove sedeano i secoli canuti. Mi viene a mente il Canova, che nella festa che si fece a Possagno, quando venne a gittarvi la prima pietra del tempio, volle che le giovani del villaggio avessero le treccie disposte come le antiche ateniesi, nè si tenne dall'acconciarle di sua mano in quella foggia. Leggeva ogni anno agli scolari l'Edipo di Sofocle; e nella ode La Gratitudine mostra fiducia che la gioventù torca i labbri disdegnosi e schivi dalle malnate fonti che scendono dai monti ad infettare l' Italia, e torni ai limpidi rivi della Grecia, che a se contrario il folle Secol non gusta, e pur con laudi estolle.
   Temprava col culto della scienza moderna questo amore del bello*' antico, e la stessa mitologia non usava che nelle similitudini o quando gli era mestieri di dare una veste sensibile a qualche astratto concetto, come fa Dante. La dottrina di Galileo gli fornì questa magnifica pittura del tramonto del sole:
   Già sotto al guardo dell'immensa luce Sfugge l'un mondo, e a berne i vivi raggi