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gli arguti concetti, che con arte finissima di miniatore chiude sempre in quattro strofette di quattro settenari. La chiusa è come una specie d'epigramma, da cui la mente de' lettori rimane colpita, ne ricerca o pensa più oltre. In Anacreontc al contrario, finita la lettura d'una di quelle odicine , l'immaginazione continua ne suoi voli e si perde in mille vaghi pensieri. L'immensa popolarità eh' abbero in Italia le poesie del Vittorelli è dovuta non solo alla reale bellezza della idea che molte di esse contengono, ma a quella simmetrica severità della forma, ch'c speciale carattere dell'ingegno italiano. Le così dette strois libere non sono per noi; ne l'esempio del Leopardi sostiene il paragone conciò che han fatto Pariru, Foscolo, Manzoni, Giusti e tutti i nostri lirici antichi. La canzonetta Fingi, vezzosa Irene, Fingi sdegnarti un poco, fu trovata fra i manoscritti del Panni c stampata come di lui nella raccolta del Reina. Alcuno opina che sonetti del Vittorelli vincano di bellezza gli altri suoi versi; certo sono de' migliori che abbia la nostra poesia: uno di essi fu voltato in inglese dal Byron.
Rimaneva lo spirito dell'Arcadia, ma la forma a poco a poco si andava mutando. Noi coli'Arcadia del Sannazzaro nel cinquecento avevamo guasta la^ vecchia poesia della Spagna; l'egloga pastorale e la pescarcccia aveaJo cacciato in tfaidl i romances, coplas, redondillas, letrillas del marchese di Santillana, di Giorgio Manrique e di Francesco de Quevedo. La Spagna si era vendicata di noi prima con mandarne i volumi di Gongora e di Lope de la Vega, maestri del Marini e della sua scuola; poi con una vera inondazione di poesie bucoliche, didascaliche, anacreontiche, di apologhi e di favole, Luzan, Cadalso , Iriarte, Samamego, Me-lendez Yglesias, veri figliuoli dell'Arcadia del Sannazzaro che vernano m soccorso all'Arcadia di Crescimbeni-e di Zappi. Era un vinetto di cantina straniera prodotto da'magliuoli delle nostre viti trapiantate in quelle parti. _ #
Lodovico Savioli (1729-1804), bolognese, ed Alfonso Varano dei ciuchi di aj merino (1705-1788) ferrarese, tornarono l'arte italiana alle sue vere sorgenti, len-nero via, non che diversa, contraria; ma l'uno e l'altro non andarono a limo binare il rimedio fuori d'Italia. Il Savioli giovinetto avea tradotto molto dai libri di amore di Ovidio; il distico del poeta latino gli suggerì quelle sue strofe dj quattro settenari, di cui sdruccioli il primo ed il terzo; metro che il Panni adotto nella bellissima ode a Silvia, ed il Monti nelle Api Fanacriai ed m altri coin-ponimenti. Come il suo prediletto poeta il Savioli cantò gli Amori; ma come può dirsi nuovo il metro, è nuova egualmente la forma del suo poetare rimota dalle leziosaggini d'Arcadia, e tutta pregna del fuoco e del colorito de' classici antie n.
10 non dirò col Maroncelli che lo stile degli Amori sia greco Nel poco che ci rimane de' poeti erotici della Grecia, Anacreonte, Saffo, Alceo, Ibico ed Alcmano
11 pensiero si svolge liberamente nella strofa ora raccolta, ora spezzata, come porta il bisogno; i latini, se ne togli Catullo, furono più rigidi _ osservatori del'J leggi metriche, in guisa da riuscire alcune volte monotoni. _ Ovidio, tranne rarissimi casi, termina i suoi pentametri con un bisillabo. Marziale nel Libro IX lagnandosi di non poter mettere in verso il nome di Earino, fanciullo caro a Domiziano, perchè composto di tutte brevi, invidia i Greci quibus nihil est negatimi; Nobis non licet esse tam disertos, qui musas colimus severiores. Ora questa musa più severa a me pare di scorgerla in ogni strofa del Savioli, lavorata in vero a cesello, ma non sempre varia, nè sempre legata strettamente colle seguenti. 1 costumi antichi, a' quali allude, sono i romani, ed egli si professa discepolo di < vl dio, benché per la sua erudizione mitologica e storica s' accosti maggiormente A Properzio. Sopra questo fondo di antico tornano più care immagini, luoghi, fatti ed usi moderni, come quando ricorda il portico di S. Luea nella sua 1 oleina, il ventaglio e lo Spettatore di Addison, le americane spume che oscurai* il roseo labbro della sua donna, le mode di Francia , la maschera veneziana, i silfi di Pope e l'Armida del Tasso. Di questo artificio poetico il Savioli porse i e-nempio al Parini ed al Foscolo, chc il vecchio tronco latino rinverdirono con pen-