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capo iii.
sussidi c raffronti anziché lontano fra i Semiti, vicino fra gli altri popoli italici, e nella lingua e dialetti dell' Eliade. Fu parimenti felice 1' ab. Lanzi nello studio dei nomi propri etruschi, e nello avere antiveduto quale e quanto profitto da quella immensa suppellettile si potesse trarre eirca all' etnisca favella ; e per la determinazione del retto metodo ermeneutico nell' interpretazione de' monumenti di essa. Pel contrario ebbe il torto di non giovarsi di alcune felici indicazioni contenute ne' Paralipomeni al Dempstero di Giovan Battista Passeri; il quale meglio del Lanzi dichiarò alcuni punti della grammatica etnisca, spettanti alla declinazione dei nomi. Il valente etruscologo Elia Lattes, cui devo alcuni di questi eenni sul Lanzi, aderisee al giudizio del Corssen; e soggiunge che nel metodo dell'indagine e nel giudizio eritico intorno a eerte epigrafi, il Vermiglioli, il Conestabile, il Fabretti, quantunque grandemente benemeriti di questi studi, deviando dal Lanzi segnarono nelle loro scritture anteriori al 1869, più presto un regresso che non un progresso. Professa di avere riprese e ricalcate fedelmente le orme del Lanzi seguendo nella parte storiea gl'insegnamenti di Ottofredo Mailer ne' suoi mirabili Etruschi, il quale eon qualche riserva eonsente eoi Lanzi. Un'opinione affatto opposta espose nella sua Storia romana il Mommsen, pel quale gli Etruschi furono un popolo d'origine affatto diversa dagli altri italiei, e la loro lingua deve reputarsi radicalmente diversa da quelle dei loro vieini. Il Corssen avendo voluto spiegare ogni eosa lasciò scoperto il fianco agli avversari, e per poco non mise in forse le già fatte conquiste. Così la causa della italianità etrusea uscita dalla sua mano decisamente vittoriosa, perdette più d'un fidato campione. Pel Mommsen adunque e qualche altro tedesco, come il Deeeke, le eonelusioni del Lanzi non hanno valore; ma sono unanimi nel riverirlo -come il primo dil: jnte raceoglitore ed indagatore delle antichità etrusche; pegli altri etruscologi di Europa è ancora il maestro.
Il Lanzi ha un'eleganza d'ingegno, che manca del tutto al Tiraboschi. Si leggono da lui tradotte eon leggiadra purità le Opere e le giornate di Esiodo ed alcune poesie di Catullo; ha lasciato inoltre iscrizioni e versi latini dettati eon aurea semplicità. L'amore del bello fomentato ed accresciuto .11 lui dalla ( iorna-liera contemplazione dei miracoli dell'arte antica, era antiquario nella Galleria di Firenze, lo trasse alla grande eompilazione della Storia pittorica dell'Italia. Francesco Milizia (1725-1798), di Oria in terra d' Otranto, nella sua Arte di vedere nelle belle arti e nel Dizionario delle belle arti, raddrizzando molte torte opinioni, avea insultato coll'esagerare alcuni difetti alla fama di Michelangelo. Il merito di avere richiamata l'architettura alle antiehe norme romane non lo salva dal biasimo di avere gettato l'amaro della sua bile sopra nomi onorati e dì avere ignorate o taciute alcune delle nostre glorie più belle, eome il Calendario, il Longhena, il Marehi, il Pacciotto di Urbino, ed altri insigni italiani. Era un Baretti eon la squadra; la stessa acrimonia e facondia, la stessa mescolanza di giusti ed ingiusti giudizi. Il Lanzi divide la sua storia secondo le diverse seuole di pittura fiorite in Italia. Comineia dalla fiorentina prima ancora di Cimabue, e viene alla senese tanto poetiea quanto la fiorentina è filosofica, passa alla romana principe di tutte le altre per la perfezione del disegno e per 1' accoppiamento del bello ideale al.reale; e finisce la prima parte colla napoletana ragguardevole per vivaeità di fantasia, ma senza carattere proprio. Neil' Italia superiore trova la scuola veneta famosa pel suo eolorire ; la, lombarda ehe si divide nella mantovana illustrata dalla finitezza del Mantegna e dal fiero di;legnare di Giulio Romano; nella modenese e nella parmigiana ehe ebbero a fondatore il Corcggio, e si gloriano degli scorci e de' bei panneggiamenti; nella cremonese che ecrcò co' suoi Campi di cogliere il fiore delle altre; e nella milanese degna discepola del gravi Leonardo da Vinci, più feliee nel chiaroscuro e nella espressione ehe nelle carnagioni e nella soavità dei colori. Dalla scuola lombarda trapassa alla bolognese educata da Caracci all'eccletismo; alla ferrarese chc toglie dagli altr le maniere