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Storia della Letteratura Italiana
Dalla metà del 700 ai giorni nostri
Giacomo Zanella
Francesco Vallardi Milano, 1880, pagine 192

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a cura di Federico Adamoli

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   94 capo in.
   scomparsi; come scomparsa è la gloria che circondò il nome di lai vivente. In uni delle iscrizioni del giardino aveva detto :
   Plauso, gloria che soni bisbigli e fumi ;
   Fra voi cerco riposo, o selve, o fiumi.
   Pochi provarono come lui la verità del primo verso. Delle opere sue raccolte in quaranta volumi nella bella edizione di Pisa, appena si legge 1' Ossian. Ciò per altro non toglie che il nome di lui non deva essere ricordato con riverenza come d' uomo di fortissimo ingegno, che ha combattuto le vecchie superstizioni della scuola classica, ed ha mostrato colla sua stessa caduta in quale misura gl'Italiani possano giovarsi delle letterature straniere.
   Fra il Cesarotti ed il Parini sta una folla di nomi, a' quali è bastato lo spazio di un secolo perchè cadessero in una quasi piena dimenticanza. Carlo Innoccnzio Frugoni (1692-1768) genovese, è felice coloritore, ma vuoto di pensiero e di_ passione; caposcuola, sostituì certa sua grandiloquenza alla gracilità dei poeti di Arcadia; qualche suo sonetto bello e robusto non giustifica la sentenza del Monti, che chiamava il Frugoni: Padre incorrotto di corrotti figli; ma quell'onda romol rosa dei versi frugoniani non dispiaceva all'orecchio del Monti, il quale anche da Onofrio Minzoni (1735-1817), ferrarese, tolse assai di quel suo immaginoso e splendido stile. Di Girolamo Pompei (1731-1788) veronese, caddero di gran tempo in dimenticanza le Canzoni pastorali; il suo volgarizzamento delle Vite di Plutarco piace ancora per la fedeltà e per la'chiarezza del dettato; ma gli amanti della buona lingua gli prepongono quello del fiorentino Marcello Adriani. Poche orme, ma non cancellabili, ha lasciato nel campo poetico Giuliano Oassiani (1712-1 8), modenese, i cui sonetti pittorici sul Batto di Proserpina, la Sposa di Putifar, Icaro, Susanna e Psiche, sono delle gemme più belle della nostra letteratura. L'Alfieri ed il Monti, che tentarono quella forma, ebbero esito meno felice. Un solo sonetto sulla Presentazione di Gesù al tempio ha consegnato all'immortalità il nome di Quirico Rossi (1696-1760), di Lonigo nel vicentino; le sue prediche e lezioni scritturali hanno tutta l'inzuccherata e stucchevole dolcezza dello stile gesuitico.
   Giambattista Roberti (1719-1786), di Bassano, gesuita , fu il più comp ito rappresentante della letteratura del suo ordine. Restano di lui molti volumi di prose e di poesie; quando si leggono sembra d'entrare nella stanzuceia di qualchd buona nonna, nella quale crocifissi, rosari e scapolari sono mescolati a ciambelle, confortini, ninnoli e gingilli d'ogni sorta da regalarsi ai nepotini. Il suo poemetto le Perle e le Favole esopiane non sono che un tessuto di svenevoli descrizioncelle con pennacchini e piastrelli lattei, grigi, morati, violetti, porporini, bronzini, azzurri, gialli, com'egli dice delle conchiglie. Nella prosa è parimenti leccato in modo che ti sembra di avere in bocca un denso melazzo che t'invischia gengive e palato. Dirò nondimeno che i suoi opuscoli sul Lusso si possono leggere se non con diletto, con qualche utile per le notizie che porgono delle strane e dispendiose usanze di quel secolo. Come poi egli intendesse la parola lusso noxi e ben chiaro, poiché concede ai ricchi certa pompa insigne ne1 palagi, ne' servi, nelle divise! nelle mense e nelle comparse; dice anzi che per discreta armonia di signori,'i magnificenza, ciò è necessario. Il Roberti, come tutti i gesuiti, piaggiava la nobiltà; perdona alle dame il ventaglio di avorio, la cuffia torreggiale, i nei posticci sul viso, Vandrienne ricamata d'inezie, di animalucci e d'erbucee; le gonne con graziosa leggerezza di farfalle e dì. violette, i zendadi con pagode e pappa-gaietti di cattivo disegno; ma si sdegna chc gli artefici di queste inezie sianl onorati, e che le cittadine osino pareggiarsi nel vestito alle dame. ^ci due libri della Probità naturale dimostra comc l'onestà non possa sostenersi senza l'aiuto della religione; ma ragiona men giusto nel trattato Del leggere i libri di meta-