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Storia della Letteratura Italiana
Il Seicento
Bernardo Morsolin
Francesco Vallecchi Milano, 1880, pagine 170

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a cura di Federico Adamoli

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   l'eiiudi^ionk.
   1(53
   man.' c sul sistro egiziano, di Girolamo Bossi; su' calzari degli antichi, di Giulio Nes;ron ; sullo stipendio de' soldati romani, di Vincenzo Contarmi; e sulle scuole sacre, di Domenico Aulisio, lettore dello Studio di Napoli c dottissimo in più discipline, vissuto dal 1(539 al 1717. Se la morte non avesse colpito il 1G97, in età di sol. cinquantadue anni, il pavese Francesco Mezzabarba, s'avrebbe forse di lui qualche lavoro di maggior lena, che non sieno le giunte e i supplementi alla serie delle medaglie imperiali dell'Occone; nè, ove la vita del figlio Giannantonio si fosse condotta oltre i trentacinque anni, compiutisi nel 1705, è a credere si sarebbero troncate le speranze che del vero valore di lui nell'antiquaria s'erano concepite dal Muratori e da altri de'contcmporanei. Opere difettose, ma degne d'esser ricordate, sono il u Museo Farnesiano » del Pcdrusi e del Piovene, le u Miscellanee » sulle antichità, raccolte e pubblicate da Gaudenzio Roberti, le illustrazioni delle medaglie della Magna Grecia di Prospero Aulisio e i molti seritti, relativi agli antichi costumi delle nazioni più civili c segnatamente de'Romani, di Giannangelo Ruffinellì, di Jacopo Lauro, di Giovanni Maggi, di Filippo Rossi, di Giambattista Casali, di Jacopo Marcucci, di Fioravante Martinelli, di Gaspare Al veri, di Fa-miano Nardini, d'Alessandro Donati c d'Ottavio Falconieri.
   Nome d' erudito, per non dir d' enciclopedico, ebbe a' suoi tempi Benedetto Averani di Firenze, vissuto dal 1G45 al 1707. Professore d'umane lettere nello Studio di Pisa, fece stordire gli uditori con la molta e varia dottrina, della quale sapeva condire la spiegazione declassici. Nelle sue lezioni non è argomento d'antichità, di cui non si tessa discorso. Dagli autori greci sa togliere occasione a parlare con novità di vedute intorno a'miti d'Ercole, di Caronte, di Bacco, di Orfeo, a'giuoclu olimpici, istmici, pitici, nemei, agli atleti, a'pantomimi, a'saltatori, agli unguenti, alle chiome, alle barbe, a'misteri eleusini, alla tragedia, alla commedia, al teatro, a'eostumi della scena, alle tibie, a'riti, alle supplicazioni: i latini gli offrono argomento ad addentrarsi nella politica de' Romani, a metterne in rilievo le cause della grandezza e della decadenza, a trattare, in una parola, di quanto si possa riferire a quel popolo unico piuttosto che raro. Se v'ha difetto, sta questo nella mania di dir tutto, per la quale 1' Averani non è sempre felice nella scelta e nell'ordinamento della molteplice erudizione.
   Il nome di Benedetto Bacchini , morto a settant'anni il 1721, non va famoso soltanto per il u Giornale » da lui condotto e per alcuni scritti di filosofia morale. Un posto assai degno tra gli eruditi gli garantiscono le opere latine intorno all' origine della gerarchia ecclesiastica, agli Arcivescovi di Ravenna e ad altro. Degno emulo del Bacchini è a considerarsi Filippo del Torre, nato in Cividale del Friuli il 1657 e morto in Adria, ov'era vescovo, il 1717. Frutto de'lunghi suoi studi, condotti in Roma, fu l'opera intitolata u Monumenta veteris Antii accolta con somme lodi dagli eruditi del tempo.
   Più noto è il nome di Giuseppe Averani, fratello a Benedetto, nato e morto in Firenze a settantacinque anni il 1738. Ingégno quanto profondo, altrettanto versatile, coltivò con pari successo le scienze e le lettere. Professore di giurisprudenza da prima nella Università di Pisa e poi di Giangastone de' Medici, seppe elevarsi dallo studio del diritto positivo alla contemplazione della ragione della natura e delle genti. Le sue u Interpretazioni delle leggi Giustinianee » sono pre-zi ise non sai più se per la novità delle vedute, o per la molteplicità della dottrina. Assai perito della matematica e della fisica, fece maravigliare specialmente con le sue esperienze sugli specchi ustori lo stesso Viviani, che voleva mandarlo professore in una università straniera. Ma gli scritti che gli procacciaron ) maggior nominanza, sono le u Lezioni toscane ik L'erudizione copiosa e molteplice, delia quale esse ridondano del pari che le altre opere, ha fatto dire a Lorenzo Bellini
   Che l'Averani il brutto egli è un demonio, Che 'n quanto nel saper nessun l'appaia,