164 CAPITOLO UNDECIMO.
famosa la dissertazione u De aquis et » aquaeductis veteris Romae Una risposta del Gronovio, clic non aveva saputo patire la confutazione ad alcune sue asserzioni, porse occasione all' u Apologema ad Gronovium » , uno scritto vivace, e ricco di dottrina, ina intemperante nella forma. Preziosa del pari è la dissertazione sulla Colonna Traiana, ove il dotto antiquario discorre con novità di notizie delle navi, della milizia, de' sacrifizi c di non so quali altre materie degli antichi romani. Ma il monumento più insigne del Fabbrctti c la grande raccolta delle Iscrizion., maravigliosa d'esattezza, d'erudizione e immune, più che sino allora non si fosse costumato, d'iscrizioni finte, o supposte.
Un fenomeno straordinario per ciò che si riferisce all'erudizione, ha porto di se stesso Antonio Magliabechi, nato di povera famiglia fiorentina il 1633. Noto, per l'assiduità nella lettura, all'Erminio, bibliotecario del Cardinale Leopoldo Dc'Me-diei, ebbe modo di togliersi, adolescente ancora, all'arte del gioielliere per dedicarsi interamente alle lingue, alle lettere c agli studi delle antichità. A secondarlo nella inclinazione concorse la protezione di Cosimo III, chc lo prepose alla sua biblioteca. Più che un lettore, era un divoratore di libri. Un rapido esame dei frontespizi, delle dedicatorie, delle prefazioni, delle divisioni generali, degb indici bastavano per non fargliene dimenticare mai più il contenuto. I tini e gli autori de'libri, veduti anehe alla sfuggita ne'cataloghi, gli stavano così impressi nella ferrea memoria da ricordarli poi sempre, come se gli avesse avuti sottocchio. Le sedie, i tavolini, le mobilie tutte c perfino i pavimenti delle stanze erano coperti di libri, ammonticchiati senz'ordine e alla rinfusa. Biblioteca vivente, il Magliabechi ne riteneva a memoria il posto, mangiava e dormiva in mezzo ad essi, senza raccogliere gli avanzi de'cibi, che putrefatti ammorbavano l'aria, senza mutar mai veste, o camicia, che non cadesse a brandelli. Consultato da' dotti d'ogni paese, rispondeva citando i volumi, le pagine e perfin le parole, cortese sempre con gli stranieri, burbero con gli Italiani, lieto ogni qualvolta avesse potuto suscitar asti, ire, gelosie. Di Firenze non è mai uscito, fuorché una volta per condursi fino a Prato a consultarvi col Noris un codice antico. Bramoso di fama, ne corcò il conseguimento eon le arti più vili, lodando in faccia c vituperando alle spalle gli stessi suoi encomiatori. Deforme, sciancato, villano nelle parole e ne'modi, viveva sempre solitario senza un servo che lo aiutasse, all'infuori degli ultimi anni, nelle occorrenze più indispensabili. De' visitatori accoglieva quelli soltanto che, riconoscati prima per un buco dell'uscio, gli avessero dato nel genio. Nellinverno temperava il rigore del freddo con un caldanino, chc tcnea sempre tra le mani anche quando si fosse recato al Granduca. Appiccatosegli una volta il fuoco alle vesti, non se ne accorse chc allo scottar delle carni. Nulla ha lasciato il Magliabechi. morto d'oltre ottant'anni il 1714, che sia degno della fama, goduta presso i contemporanei. Le sue lettere non hanno altro merito chc d' una erudizione, racimolata per la maggior parte ne' libri. Il Cantù non ha forse torto di registrare il nome di lui u tra que'molti chc, per serbarsi in reputazione, han d'uopo di non pubblicare le cose che promettono ». La memoria di lui vive sopra tutto nella Biblioteca, ch'egli ha raccolta c che, arricchita in progresso di tempo dal Comune di Firenze, si chiamò fino a tempi non molto remoti la Magliabcchiana.
Giovanni Ciampini, morto in Roma, ove nacque, il 1698 in età di sossant'anni, rivolse specialmente l'ingegno all' erudizione sacra. Nelle opere di liii, scritte in latino e altamente lodate dal Mabillon, sono illustrate le origini, le parti, gli usi, i mosaici delle Chiese primitive e particolarmente delle edificate dall' Imperator Costantino. V'è discorso delle u Vite dc'Papi », attribuite ad Anastasio Bibliotecario, lavoro, secondo lui, non d'uno, ma di più scrittori; v'altingc nuova luce la questione allor dibattuta intorno alla consacrazione del pane azzimo; vi si dichiarano, a dir breve, parecchi punti oscuri, o controversi dell'istoria ecclesiastica. Non inBtili alla illustrazione della storia, benché non sempre felici nel metodo, tornarono a' lor tempi gli scritti sulla legge regia di Giambattista Castelli; sulla toga de'Ro-