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Storia della Letteratura Italiana
Il Seicento
Bernardo Morsolin
Francesco Vallecchi Milano, 1880, pagine 170

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a cura di Federico Adamoli

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   l'eloquenza. ì5ì
   Scienze naturali, delle quali si andavano rivelando di mano in mano i misteri, tutto s'impiegò a formulare le proposizioni e a dar veste a'concetti. V'ha nelle une e negli altr quanto di più ingegnoso e di più barocco seppe escogitare il seicento. In nessun'altra specie di letteratura se ne fece anzi uno sfoggio cos'i scorretto e così irragionevole, come nell'oratoria del pulpito. L'eloquenza, più clic in altro, si ripose nella parola peregrina, nella frase reboante, nelle declamazioni, nelle amplificazioni, nelle metafore, ne'concetti ingegnosamente lambiccati. Mario de'Bignoni veneziano, Cesare Battaglia milanese, Tommaso Caracciolo, Alessandro Brianto, l'Altogardi, il Sesti, il Pueeinelli, il Cardosi, il Serafini, il Dresselio, il Monforte, ricciarelli, il Bonafedc, il Fornara, il Boni, il Del Vio, l'Adami, l'Arese e altri innumerevoli hanno lasciato Quaresimali e raccolte di sermoni e di panegirici stranamente bizzarri ne'frontespizi, negli assunti, nelle argomentazioni, nelle figure e nel dettato. Non secondo a nessuno nell'uso u delle più stravaganti metafore c dei più ratfinat. concetti », è, scrive il Tiraboschi, il gesuita Giuglaris, u le cui prediche e panegirici si può ben dire che sono la quintessenza del seicentismo ».
   Pure tra le prediche stranissime di concetto e di forma, chc s'hanno alle stampe, primeggiano quelle del Caminata, orator sacro in San Pietro del Vaticano, e più ancora le molte di Emanuele Orchi da Como. I costui assunti sono enun-ziati con un concepire estremamente ridicolo: l'insieme delle prediche è un ammasso di erudizione sacra e profana, dove il bizzarro frate accozza insieme gli •nsegnainenti della Bibbia e le dottrine de'Padri con quelle degli scrittori paga i. La sua eloquenza tronfia e ampollosa, si regge per una serie continua di figure rettoriche, dove grandeggiano sovra tutto le personificazioni e si succedono alternativamente le contenzioni, le apostrofi, le allusioni, le reticenze, le interrogazioni, le parole e le frasi reboanti. Nessuna misura, nessuna proporzione è serbata tra il concetto e la forma. Nelle descrizioni l'Orchi si balocca spesso in accessori così minuziosi da far sparire, sotto qualche rispetto, il pensiero povero da per sè stesso e mingherlino. Aggiungasi un insieme irto di citazioni, di epigrammi, di proverbi, fritt e rifritti, infilzati a catafascio, dove ultima a rivelarsi è la meta a cui deve mirare sopra tutto l'eloquenza del pulpito. Vi si sente, con altre parole, non l'oratore che predica la Croce e la morale del Vangelo, ma l'uomo che sfoggia il proprio sapere, s'atteggia in mille modi, come l'attor sulla scena, si specchia, Si pavoneggia. E ciò non di meno si sa che l'Orchi non mancava di coscienza timorosa e delicata, e che dalle prediche sue traeva, di solito, grandissimo frutto. Le sconcezze di sì fatta eloquenza, comune ad un tempo a'Francesi, a'Tedeschi e agli Inglesi, c ritraenti alcun che di congenere all'epica eroicomica, non Sfuggirono a'più seri tra'contemporanei. Alberto Alberti di Trento e Federico Borromeo ne riprovarono in appositi scritti l'indirizzo, non punto conforme alla casa di Dio e allo scopo che pur si doveano proporre gli oratori, u Con la quaresima, è scritto in un Diario romano del secolo deciinosettimo, la commedia finisce nelle case e nelle sale, e comincia nelle chiese e ne'pulpiti; la santa occupazione della predica serve a soddisfare la sete di celebrità, o l'adulazione. S'insegna la metafisica, che 1 predicatore intende poco e gli uditori niente; invece d'istruire e correggere, si decantano panegirici nel solo intento di far passata. La scelta del predicatore non dipende dal merito, ma dal favore ». Si sa che qualche oratore ebbe ad accoppiare alla recita della predica un'azione esagerata e poco consona alla chiesa, qual era quella di trarre di sotto alla tonaca uno stile, di partire dal pulpito inorridito de'peccati dell'uditorio, di uscire in facezie e in iscurrilità di bassa lega. Dell'eloquenza del seicento, più che di quella del trecento si sarebbe potuto dire :
   Ora si va con motti e con iscede A predicare ; e pur che ben si rida, Gonfia il cappuccio, e più non si richiede,