Stai consultando: 'Storia della Letteratura Italiana Il Seicento', Bernardo Morsolin

   

Pagina (159/179)       Pagina_Precedente Pagina_Successiva Indice Copertina      Pagina


Pagina (159/179)       Pagina_Precedente Pagina_Successiva Indice Copertina




Storia della Letteratura Italiana
Il Seicento
Bernardo Morsolin
Francesco Vallecchi Milano, 1880, pagine 170

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

Aderisci al progetto!

   
[Progetto OCR]




[ Testo della pagina elaborato con OCR ]

   150
   CAPITOLO UNDECIMO.
   pareggiarsi alle lodi de'eontemporanei. Più che la semplicità del dettato, l'ordine degli argomenti e la giusta applicazione del buon senso, della morale e delle leggi, che dovrobbero costituire da se la vera eloquenza, tu v'incontri lo sfoggio superfluo della dottrina, le digressioni inutili, l'erudizione pomposa e non sempre a proposito, le citazioni accatastate, i giuochi delle parole equivoche e quella prolissità eh'è divenuta proverbiale ne'difensori delle cause forensi. Del resto nessun fuoco, nessuna forza, nessuna energia, se pur non vuoisi scambiare con queste, che pur dovrebbero primeggiar tra le doti del vero oratore, l'esagerata invettiva, che degenera spesso in insulto. Nessuna delle difese forensi dell'età, di cui si parla, sa ritrarre la robusta spigliatezza del Badoero e del Frangipane , vissuti verso la fine del secolo XVI, le cui orazioni ed arringhe non vanno ugualmente immuni da mende. Dello stesso Stefani e del Santonini, tanto esaltati a' lor tempi, non v'ha, si può dire, chi ricordi più il nome, o cerchi le prove di quell'eloquenza, che crebbe in Vicenza
   Alto al Vecchia palagio, e i fornimenti Di cui la casa sulla Brenta adorna', E gli argenti e le gioie, onde arricchisce La sua casa in Vinegia, e l'abbondanza Onde accetta in suo albergo il Cordellina, Fra lumi e giochi, cavalieri e darne ».
   Dalla rinomanza di certe difese e di certe arringhe si può dedurre, tutto il più, una valida testimonianza del culto che prestavasi nel secolo XVII agli studi della giurisprudenza, illustrati largamente nelle scuole delle Università e in modo particolare dal Gravina e dal Vico.
   Numerosi oltre ogni dire si offrono gli esempi di eloquenza accademica, i panegirici in lode de'principi, gli elogi funebri, le orazioni gratulatorie, le lezioni, le cicalate e non so quali altre composizioni di si fatta natura. Chi pensa che nel secolo XVII s' istituirono a centinaia i sodalizi letterari, non faticherà a credere che quegli esempì si moltiplicassero tanto da non cederla quas: per numero alle migliaia de' sonetti, de' madrigali e delle canzoni; con le quali si assordavano le adunanze accademiche. Componimenti di non molta durata, porsero agio agli au tori di raccogliervi e condensarvi tutte quelle forme e que'modi stranamente metaforici, che costituiscono la caratteristica del tempo. Assai poche e appartenenti per lo più agli Accademici della Crusca, tra'quah il Buonarroti, il Dati, 1 Salvini, sono le temperate nella forma. Quanto alla sostanza, non è pregio alcuno che le faccia distinguere dalle più contorte e scorrette. Mancano in generale di semplicità, di speditezza, di convinzione, d'affetto, doti inseparabili dalla vera eloquenza. Le più non sono che una mostra di frasche retoriche, monche di pensieri e di sentimento, se pur non vi s'innesta alcuna volta il triviale od il falso. Portava a ciò la natura stessa degli argomenti di pura convenzione per adunanze accademiche, alle quali s'accorreva non per attingere scienza durevole all'animo, ma per blandire di fuggevoli suoni l'orecehio. Chi si facesse a rileggerle non verrebbe certamente a capacitarsi come la recita di quelle dicerie, che lasciano ripescare appena una qualche notizia, utile alla conoscenza de' costumi, degli usi, o delle questioni letterarie, potesse far andare in visibilio gli astanti. Basti dire che anche le migliori sono assai scarse di scienza, fredde, compassate, prolisse, una piena negazione, a dir breve, della vera eloquenza.
   L'esempio del Panigarola, che comunque inesperto del cuore umano e de ibri sacri, rozzo e affettato nello stile, seppe infondere nelle sue prediche quel calore e quella vita che lo hanno fatto salutar il tipo dell' oratore perfetto, non valse a rigenerare l'eloquenza del pulpito, irta sino allora d'argomentazioni e di sii'-, gismi scolastici. Il contagio, insinuatosi nelle altre speeie di letteratura, non tardò a deturparne sconciamente il men sano indirizzo. La mitologia, l'erudizione, le