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Storia della Letteratura Italiana
Il Seicento
Bernardo Morsolin
Francesco Vallecchi Milano, 1880, pagine 170

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a cura di Federico Adamoli

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   LA STORIA.
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   d'altre nazioni, ehe non fosse l'Italia. Si direbbe ehe gli ingegni si dilettassero di seguire in questo l'esempio degli uomini d'armi, ehe servivano di preferenza a'prineipi stranieri. Le digressioni lunghe e frequenti dall'argomento non dispensano dal ricordare le u Storie della guerra di Fiandra » di Famiano Strada, nato e morto in Roma il 1(349 in età di settantasett'anni. I suoi episodi sul prineipe d'Oranges, sul Cardinal di Granvella, sul Duca d'Alba, sul Marehese Vitelli, su don Giovanni d'Austria e su altri riboeeano di notizie, quanto peregrine, altrettanto opportune a lumeggiare la natura de'tempi. Dall'indole storica si seosta piuttosto lo stile. È un latino quello dello Strada, ehe trova diffieilmente un esempio negli storiei greei o romani. Vi si predilige troppo il fiorito e un eerto non so ehe, per il quale si rivela anelie a'meno esperti l'artifieio del retore. Nelle u Prolusioni », un trattato d'arte retoriea assai famoso nelle seuole del seieento, lo Strada non •i guarda dal biasimare il soverchio delle riflessioni onde ridondano le storie di Cornelio Tacito. E strano! ma pure è una menda da eui non vanno immuni le u Storie della guerra di Fiandra ». Si vorrebbe anzi dire, ehe lo Strada vinca il romano stesso in eerta ostentazione d'enunciare le sue riflessioni eon forme meno adatte alla narrazione storiea ehe a un trattato di filosofia speculativa.
   Gli stessi fatti ha narrato Guido Bentivoglio, nato in Ferrara nel 1579. Ad avvantaggiarsi sull'emulo dovette giovare a lui l'intera vita, eondotta tra'negozi di Stato. Si sa infatti ehe, eompiuti in Pavia gli studi e date prove di singolare destrezza nel contribuire alla rieoneiliazione di Cesare d'Este, espulso dalla Signoria di Ferrara, eoi pontefice, fu accolto tra'prelati e inviato poi, oltre i einque lustri, nelle Fiandre a rappresentarvi la Sede Apostolica. Quattordici anni, quanti ne eersero dal 1607 al 1621, perseverò il Bentivoglio in quella e nella Nunziatura di Francia, rigido scrutatore degli uomini e delle eose. Rimpatriato, già eardinale, visse in Roma protettore della Franeia e consigliere de'papi sino al 1641, in eui venne a morte, quando il eonelave pareva già prossimo a esaltarlo al sommo pontificato. Il nome di lui va famoso nella storia letteraria per più maniere di seritti. Assai numerose sono le lettere eh'egli ha laseiato su pareeehi argo-menu. Più ehe le famigliari, utili alla eonoseenza de'tempi, meritano particolare attenzione le politiche al Cardinale Seipione Borghese. Il Bentivoglio ritrae in esse la storia de'varì negoziati a'quali ebbe parte: u storia, scrive il De Stefani, ehe dipinge al vivo i tempi e gli uomini, svela le eagioni intime de'fatti, insegna i modi per riuscire e le difficoltà da superare trattando ». Alle lettere s'agguagliano per importanza e utilità politiea le « Relazioni », ehe sono epiloghi delle condizioni dell'uno e dell'altro de'due Stati ove visse l'autore in qualità di nunzio apostolico, o eoinpendi di negozi già maneggiati. Preziose ancor più per il ritratto ehe vi si fa degli uomini, sono le u Memorie ». In esse meglio ehe altrove il Bentivoglio sa rilevare i lineamenti essenziali de'caratteri e scolpirli eon un fare fioro e reeiso. Ma più ehe per questi seritti, il nome di lui va famoso per la u Storia della guerra di Fiandra ».
   I fatti ehe il Bentivoglio espone in essa, sono i compiutisi in quel periodo di tempo, ehe dalla morte di' Carlo V si eonduee alla tregua del 1609. Pratico della diplomazia, lavora spesso su notizie attinte sul luogo. Assuefatto alla vita politiea, non diee però tutto quello ehe sa e fors' aneo ehe sente. Più ehe al midollo s'attiene alla superficie; e mentre aeeusa lo Strada d'useir troppo di via, non sa serbare un' equa misura tra la sostanza e gli aeeessorì. Fu avvertito anche in lui uno sfoggio esuberante nelle minute descrizioni de'fatti, ehe è pur il vezzo degli scrittori del seeolo. Chi dall'artifizio non sa distinguere l'arte, loda in lui la bontà dello stile, maraviglioso per simmetrico andamento e eopiosa armonia de'periodi, senza punto avvertire ehe la frase è scolorita e non infrequenti le antitesi e le forme lambieeate e eontorte. Al Pallavicini stesso, ed è tutto dire, non isfuggirono i difetti dello stile del Bentivoglio, u sì geloso, die'egli, del numero sostenuto e ripieno, che affine di appoggiarlo e di ricolmarlo non ricusò la spessezza d'alcune