LA STORIA. 155
apparenza cattolica a un'opera, dove ogn periodo fosse un dardo contro la cat-tr.lica Chies* anzi la sua è la prima Storia diretta di proposito alla denigrazione, applicata a tutti i fatti, ehe il narratore non pondera, ina accumula, .
Il Sarpi non pubblicò la sua storia. Presago del rumore eh'essa avrebbe suscitato, si guardò dal lasciarsene fuggir di mano il manoscritto. L'unieo forse che la lesse inedita, fu Marcantonio de Dominis, veseovo di Spalato, chc apòstata la pubblicò in Londra nel 161(J sotto il pseudonimo di Pietro Soave Pelano, anagramma di Paolo Sarpi veneto. A crescerle grido vi prepose una prefazione c ne corredò il testo di note, caricandone i colori già più che foselii dell'autore. I molti scritti contro la Curia romana e l'opera in difesa de'diritti della Repubblica procacciarono al Sarpi insidie e peripezie senza numero. Cinque furono gli attentati che si macchinarono contro la vita di lui. Colpito una volta da mano assassina, è voee esclamasse: u Conosco lo stile della curia romana ». I diversi attentati, a'quali fu fatto segno, non gli impedirono per altro di condurre la vita sino al 1623. La morte non si conformò in lui alle dottrine professate negli scritti. I contemporanei, che ne hanno levato a cielo la illibatezza de'costunii, la parsimonia, I umiltà c l'osservanza rigorosa d'ogni più pieeolo dovere, ricordano non senza viva sodi-siazione, ch'egli chiuse i suoi giorni nella comunione cattoliea.
A confutazione del Sarpi scrisse, per commissione avutane dalla Curia romana, Sforza Pallavicini, vissuto dal 1607 al 1667, uomo da prima di governo c poi gesuita e cardinale. Prelato e amico del Ciampoli, eoltivò ne'primi anni la poesia, levandosi in qualche nominanza per 1' « Ermenegildo, » una tragedia non immune, come s'è veduto, da'difetti del secolo. Raccoltosi nella vita claustrale, si dedieò di preferenza alle scienze. Del suo profitto nella filosofia e nella teologia rendono testimonianza 1' u Arte della perfezione cristiana » e il « Trattato del Bene, » dove il dotto uomo descrive in che consista l'onesto, al quale vuol ehe convergano le azioni dell'uomo. Ma più che per questi lavori, per le « Lettere » e per il trattato u Dello stile », frutto aneh'esso degli studi filosofici e della squisita cono-seenza dell'arte dello serivere, è famosa la u Storia del Concilio di Trento ».
Non vi ha dubbio che il Pallavicini eonfuta, come pur s'era proposto, le men vere asserzioni del Sarpi. Trecento e sessant'uno sono gli « errori di fatto », ch'egli raceoglie e ribatte eon prove desunte da documenti, de'quali addita^ di continuo la natura ed i titoli. Il Ranke stesso, dopo i più minuti e eoscien-ziosi raffronti, non ha potuto non ammirarne la scrupolosa esattezza. Con tutto ciò il requisito di cui manca il Pallavicini del pari che il Sarpi, è 1' imparzialità dello storico. Il proposito deliberato di confutar tutto fa sì ehe^ ora esca in eeeessi, ora si giovi di argomenti assai fiacchi in ribattere anche eiò, elle non si può assolutamente negare. Al Pallavicini furono dischiusi tutti, si può dire, gli archivi e in modo particolare i romani, più rieehi degli altri. Giovandosi de' documenti, che gli venner tra mano, avrebbe potuto rendere un grande servizio alle lettere, trattando compiutamente una storia, della quale si lamenta, dopo treeento anni, il difetto. Cireoserittosi inveee al campo corso dal Sarpi, dissimula obbiezioni c documenti, ch'egli solo ha potuto conoscere, e laseia un lavoro chc, dpgno di fede per quanto vi si dice., rimane moneo e imperfetto per la maneanza di eiò che pur dovevasi dire. Il Sarpi è scorretto, come già s'è avvertito, nella lingua. Pure la sua storia piaee per la disinvoltura e il brio del dettato. Non è così del Pallavicini. Per quanto il Giordani, che scrisse aceuratamente di lui, si sbraeei a esaltarne i meriti letterari, non è possibile leggere le sue opere con continuo diletto. Allo stile, ehe il Bonghi qualifica u rigido, ma pur spiecato e risoluto c di gusto le più volte sano », fa troppo grave contrasto il soverchio studio dell arte. Anehe cvi-ando quasi sempre i vizi del seeolo, il Pallavicini non sa non sacrificare alla trase il pensiero, all'armonia la chiarezza.
Coetaneo, per non dir condiseepolo al Pallavicini, fu Daniello Bartoli, nato in Fferrara nel 1608. Gesuita aveva speso ì primi anni nella predicazione. Il bel