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CAPITOLO SETTIMO.
0 semplice, ma d'attinenze tra la realtà e l'idea. Con la possibilità inoltre d'una scienza a priori il Vico nega lo stesso scetticismo cartesiano. E l'argomento d: cui si giova è il dubbio stesso, il quale incliiude il concetto d'una verità prima, ehe comprende ogni scienza. Connettesi a ciò il terzo assioma ehe ci Dio com'è principio dell' essere, così è il principio del conoscere ». Il Vico distingue le idee nell'uomo dalle forine universali, o metafìsiche, in Dio. E la mente non argomenta quelle da queste, ma sale dalle prime alle seconde. Confutata con ciò l'infinità delle idee, il Vico, dice il Conti, u sollevasi, a somiglianza del Leibnitz, al concetto de'punti, delle forze, de'conati, all'infinito, all'Ente ch'è per essenza, a Dio ». E argomentando dalle notizie, che ha l'uomo, di principi eterni sopra ogni idea di genere e sopra ogni scienza, stabilisce che Dio è principio di tutti i principi, e che la scienza, dalla quale si tratta di questi principi e degli universali, è la metafìsica.
Il terzo ed ultimo capo delle dottrine del Vico, cominciato nel trattato a De universi iuris uno principio et fine uno », proseguito nel libro u De constantia iurisprudentis » e compito nella u Scienza Nuova », è la filosofia civile. Passando dalla scienza de'principi alla scienza de'fatti umani, il dotto pensatore ci nota, eom' avverte il Conti, che se Dio è primo principio dell' essere e primo principio del conoscere, cioc primo vero metafisico e primo vero logico, gli è altresì il bene supremo ». E poiché u l'eterna verità e l'eterna onestà son comuni a ogni mente; però l'uomo è naturalmente sociale, e i fatti umani, benché traviino in particolare, tuttavia, mercè queste leggi eterne, che son legame tra gli uomini, vengono in universale a riprodurle, quindi effettuano il disegno della Provvidenza ». Su questi due principi, che Dio è il bene sommo e eh'è unica legge, per la quale si uniscono gli uomini, fonda il Vico l'edilìzio della sua filosofia civile, che si abbraccia al diritto naturale, all'etica e all'applicazione del diritto eterno ideale a'fatti. Nel processo ch'egli tiene, incomincia dal discorrere delle verità supreme del diritto, rettrici di tutte le verità e di tutti gli avvenimenti umani; prosegue a mostrare come la filologia, o scienza de'fatti umani esteriori, delle leggi positive cioè, delle tradizioni, della storia e delle lingue e de'costumi, deve, soccorsa dalla filosofìa e dall'esame de'fatti stessi, chiarire la storia ideale eterna, ehe si nasconde nella innumerabile varietà degli eventi, e finisce con l'applicare l'insieme del suo disegno primieramente al diritto romano in alcuni degli scritti primitivi, e poi alla vita di tutti
1 popoli nella ci Scienza Nuova ». In quest'ultima, nella quale si contempla bello e completo l'intero edifìzio, distingue il Vico 1' ebrea da tutte le altre nazioni e la considera, in virtù de 'fatti storici, una eccezione singolarissima a petto di tutti i popoli antichi. Quanto a questi, determinato com'era di studiarne lo svolgimento naturale del diritto, del dovere e delle istituzioni civili, considera l'uomo caduto in istato di barbarie, e lo segue nel rilevarsi, ch'egli fa, con l'idea religiosa, eoi matrimoni, con la santità dc'sepoleri, argomento della immortalità. Materia quindi al suo esame è il graduale processo delle nazioni nello svolgimento delle lingue, delle famiglie, della teocrazia, de' governi tutti, della poesia e d'ogni altra coltura. Il metodo ch'egli osserva, sta tutto nell'esame dell'uomo, in quell'esame che, unito alla storia gli porge le prove filosofiche e filologiche d'un disegno eterno. E in questo metodo, eminentemente comprensivo « si propone, soggiunge il Conti, d'indagare la mitologia, le frasi delle lingue eroiche o antichissime, l'etimologia delle lingue natie, il vocabolario mentale, cioè l'unità delle idee nelle varietà delle [ini gue e degli istituti, o scernere il vero dal falso nelle tradizioni volgari ; raccogliere e collegare le reliquie dell'antichità; vedere gli effetti di tutte queste cagioni narrati nella storia eerta: criterio per camminare tra questo labirinto di cose sia il scuso comune, eh'è vincolo della varietà de'fatti ; e « chiunque se ne voglia trar fuori, dice il Vico, egli veda di non trarsi fuori da tutta l'umanità ».
Mirabili per la profonda novità de' concetti, le opere del Vico sono in generale neglette e disadorne quanto alla forma. La sua prosa così latina, come volgare, non corre naturale e spigliata. Il Vico arieggia in generale alle forme poetiche,