CAPITOLO SETTIMO.
E di quest'arte, più che negli esercizi in volgare, dove la prova sì rimase molto lontana dal precetto, seppe giovarsi, non vi ha dubbio, noli' opere latine. I suoi volumi di scienze giuridiche non hanno nessuna delle mende, comuni a'giureconsulti del tempo. 11 filosofare ch'egli fa sul diritto proeede ordinato senza soverchio cumulo di cognizioni, senza ruvidezza di formule e senza indizio di quel gergo seo-lastieo, dal quale non seppero guardarsi neppure i più addentro ne' segreti delle antiehe letterature. Il suo latino c facile, chiaro, ampio, solenne. \ i si sente qualche cosa ehe ricorda la stupenda maestà di Cicerone. Non si darebbe forse nell'esagerato ove si dicesse, che le leggi romane furono svolte da lu: con una lingua veramente romana.
Chi non considera da quali gineprai si sono svincolate in virtù dell' « Origine del diritto » le seienze giuridiche, non lascia di sogghignare alla bella fama chc ha lasciato di se stesso il Gravina. Più giusti si mostrarono forse con lui i eonl temporanei. Le rivalità e le denigrazioni, per quanto spesse e crudeli, non bastarono a impedire ehe gli stranieri ammirassero, eome pur si conveniva, il grande uomo, e facessero a gara per averlo a professore di giurisprudenza in alcuna delle loro Università. E se la morte non lo avesse colto nel 1718, in età di soli 51 anni, si sarebbero illustrati del nome e del sapere di lui non solo i pubblici Studi (li Napoli e di Roma, ma quello pur di Torino, a cui l'aveva già invitato Amedeo di Savoia. Contro lo sforzo, col quale si affetta da taluni de' moderni una piena noncuranza, sta il fatto che gli stranieri, e fra gli altri l'Hugo e d Terrassou, non disdegnano di attingere ancora alle opere colossali del Gravina.
Ciò che feee il Gravina eon la giurisprudenza, operò Giambattista Vico, ma con risultati immensamente più larghi, per quello che si riferisce alla storia. Napoletano anch'egli, desta, fanciullo aneora, non eomune meraviglia per lo straordinario profitto negli studi elementari. Grandicello, attende alla filosofia ; ma, sopraffatto dalle astruserie de' nominali e de' sominalisti, lascia la seuola per darsi bel tempo. Eccitato a ripigliare gli studi, pone 1' animo di nuovo alla filosofia e alla giurisprudenza ; lo accendono all'una le lezioni del Rieei e per eiò chc si riferisce alla metafisica, gli scritti del Suarez;_lo innamorano dell'altra le istituzioni civili del Vulteio e le canoniche del Canisio. Il diletto principale gli deriva dalle massime astratte e dalla interpretazione delle parole de'giureeonsulti romani. A proseguire con maggiore alaerità accoglie, male andato com' era in salute e scarso di beni di fortuna, l'ufficio di docente privato in una famiglia di Valtolla, una terra ainc-nissima del Cilento. I nove anni ehe vi dimora, sono per lui mcn presto un esercizio di magistero, ehe un tirocinio di studente. In quel ritiro medita Rieardo, il Valla e più ancora Virgilio, Orazio e Cieerone, eh'egli paragona a Dante, al Petrarca, al Boccaccio. La lettura di eiaseun autore si ripete da lui tre volte. Considera nella prima l'unità, nella seconda i legami, nell'ultima le bellezze particolari. Persuaso con Orazio ehe la lettura de'tilosotì morali si faccia sorgente di poesia, studia Aristotile e più volentieri Platone; per i quali c per Cicerone gli si desta nell'anima, benché inavvertito, il concetto di « un gius ideale eterno ». Nuove meditazioni lo traggono a ravvisar ne' Padri Platone e ne' Dottori Aristotile, ma « piegato a'sensi più del maestro ». Rinvigorito di forze la persona e di dottrina lo spirito, rivede la sua Napoli : ma impotente ad aeeomodarsi alla filosofia di Cartesio, ehe vi tiene il campo, si rimane, eom'egli diee, u straniero nella sua patria » c, facendosi parte da se stesso, si attiene a quattro autori prediletti, a Platone, che gli mostra l'uomo quale dev'essere, a Tacito, che gli delinea 1' uomo qual' è, al « tre volto massimo » Baeone, ehe lo attrae eon le suo proposte e col suo ine todo, al Gro/io, che gli solleva lo spirito alla universalità del diritto. Marito e padre di numerosa figliuolanza e bisognoso per conseguenza di che sostentar la famiglia, ehiede la eattedra di diritto civile e ottiene a fatica quella di rettoriea. Giovane, il Vieo s'era esercitato, secondo l'andazzo dei tempi, nella poesia; avea dettato versi qurnt<» ridondanti d'imin-igini strane c ampollose, altrettanto scorretti