LE SCIENZE MORALI.
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segno ciecamente alle sue speculazioni. L'Alfani, che dettò sul Rucellai una dotta monografia, avverte eh'e.j;li, pur accettando dall'antico filosofo le distinzioni della fede, della scienza e dell' opinione, non ne segue le conclusi ini. Oltreeehè in parecchi accessori, si seosta da lui, insegnando che si giunge alla certezza non per la scienza, ma per la fede.
Le dottrine del Rucellai sono svolte in più ^che una sessantina di dialoghi, a parecchi de'quali non fu data l'ultima mano. È discorso in essi de'prineipì dell'universo, dell'anima razionale, delle proporzioni armoniche, della Provvidenza, della psicologia e della morale. In tutti, e spezialmente in quelli sulla Provvidenza, elio sono i più interessanti e i più perfetti, si palesa manifesto più che mai il divario tra lui e Platone: si mostra la sfiducia, ehe il Rueellai professava intorno alle forze dell'umana ragione. Di mano in mano eh'egli procede tra'rumori discordanti della opinione e del dubbio, sente il bisogno di tener sempre tese le orecehie alle placide armonie della sua fede. Il Rucellai non è un grande pensatore: u è, scrive l'Alfani, un astro minore e nulla più: invano tenteresti ritrovare in lui una gran forza speculativa e una potenza straordinaria d'ingegno. Forse egli era nat¦> uomo d' alti spiriti; ma infetto aneh'egli di quel miasma, ond'era ammorbata la filosofia e le lettere del seeolo decimosettimo, se non imbolsi affatto, pur n'ebbe il suo ingegno a soffrire ». In lui s'ineontra piuttosto il conoscitore de'prineipali sistemi filosofici, nel quale si ripercuotono, per cosi dire, i raggi molteplici dei pensieri de'suoi tempi, che il filosofo, il quale sappia signoreggiarli con la vigoria della speculazione e tentarne la piena armonia. Ne'dialoghi filosofici, belli in complesso per la bontà del dettato, ma non sempre immuni da'difetti del tempo, ci porge, come nelle prose, ne'versi e diciamo anche nell'insieme della vita, il ritratto dell'età in cui Visse l'autore, ic Mentre tutti gli altri, scrive ugualmente l'Alfani, ehi ad una piuttosto che ad un'altra opinione assentiva, chi un sistema piuttosto ehe un altro seguitava o nella fisica o nella filosofia; il Rucellai, ehe chiude l'età del rinascimento, tien dietro a tutti e da tutti trae a comporre l'edilizio suo, i cui materiali concilia eeletticamente con la verità della fede, che gli fa da cemento; e, altresi, perchè questa coneiliazione ha più dell'accademico che dell'intimamente speculativo; speculazione, che, salvo le seienze naturali, era molto fiaeea a quei tempi nella sua patria ».
Il grido, a cui salì fin da principio il metodo del Galilei, fece si che passasse inosservata per alcun tempo la filosofia del Cartesio. Tra 'primi a professarne le dottrine fu Tomaso Cornelio di Roveto in quel di Cosenza. De' suoi studi fa testimonianza una serie di opuseoli editi in Napoli, ove fu pubblico doeente e morì nel 1684 il età di settant'anni. Dalla filosofia cartesiana non iseompagnò l'amore alle seienze positive, insinuatogli dal Torricelli, dal Cavalieri e dal Borelli, eh'egli eonobbe, studente aneora, a Napoli, a Roma, a Firenze e a Bologna. Il Redi e parecchi altri de' contemporanei gli danno lode delle aeute osservazioni sulla digestione dell'uomo. Egli stesso si vanta inventore prima d'ogni altro dell'ipotesi della compressione e della forza elastica dell'aria.
Banditore ancor più famoso della filosofìa cartesiana fu Michelangelo Fardella, nato in Trapani del 1650 e morto in Napoli il 1718. Ve lo innamorarono sopra tutto l'Arnaud, il Malebranche, il Lamy e il Regis, co'quali ebbe a conversare parecchi anni in Parigi. I suoi coneetti sono svolti speeialmente nell' opera latina intorno alla u Natura dell'anima umana »; dove si giova particolarmente delle dottrine di Sant'Agostino. L'ammirazione al Cartesio non lo trae ad accoglierne per altro ciecamente gli insegnamenti. Dove si seosta particolarmente da lui è nell'u Analisi divina ». Le sue idee sulla certezza sono ben altre da quelle del filosofo fran-eese. Il Fardella erede non potersi dimostrare l'esistenza del inondo esteriore eon altri argomenti da quelli della rivelazione, u Credeva, serive il Cantù, che le idee fossero la percezione delle cose, ma ne ammetteva alcune innate, ehe però non erano immagini della mente, bensì una disposizione di questa ad eccitarle senz'im-