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CAPITOLO SETTIMO.
d; panteismo e quando di materialismo. Le dottrine scritte del Vanini del pari che le orali scandolczzarono a un tempo protestanti e cattolici. La destrezza, con la quale seppe sottrarsi a'pericoli, minacciatigli a Praga, a Londra, a Ginevra e a Lione, non bastò a sottrarlo alia condanna del Parlamento di Tolosa, ove s'era riparato dalle comuni persecuzioni. Denunziato siccome reo di fomentare, in clandestine congreghe, il fanatismo e le guerre di religione, ebbe da prima mozza la lingua e poi la morte sul rogo nel 1619 in età di soli trentatre anni. Molti salutarono in lui, come nel Bruno c nel Campanella, un martire della scienza. Chi per altro ne esamina con mente serena le dottrine non può non riportarne un diverso concetto. Nessuna delle grandi idee, che scattano dagli scr'tti de'duc domenicani, s'affaccia nelle opere del prete di Taurosano. Il Vanini non ha concetti, non convinzioni proprie. Arso dalla smania della disputa non bada, sostenere una piuttosto che un'altra e, se vuoisi anche, opposta proposizione. Errabondo per l'Europa propugna, purché si voglia credere alla parola di lui, il catolicismo, accattandosi brighe e persecuzioni dagli cmoli; scrittore, ne intacca invece con cinica impudenza le dottrine. Si direbbe che movente delle opere così in iscritto, come a voce, fosse non il desiderio di persuadere agli altri le proprie opinioni, ma la brama del trionfo nelle dispute.
Men conosciuto forse del Campanella e del Vanini, perchè men poderoso d'ingegno e men soggetto a stranezze di vicende e di peripezie, è il nome di Orazio Ricasoli Rucellai, nato e morto in Firenze in età d'anni sessanta nel febbraio del 1674. Del rimanente i molteplici uffici nella corte, le ambascerie a Vienna e a Varsavia, la direzione di numerosa famiglia e le traversie domestiche negli ultimi anni della vita non impedirono a lui di darsi a diverse maniere di studi. Poeta, dettò rime d'amore, filosofiche, sociali, religiose, giocose e diciamo anche licenziose: prosatore, scrisse cicalate, panegirici, orazioni, discorsi, invettive, relazioni, promosse l'incremento dell'Accademia della Crusca, di cui fu ben due volte ar-eiconsolo e v'ebbe parte alla compilazione del Vocabolario. Sta ne' vari e diversi scritti del Rucellai il ritratto della società fiorentina del secolo XVII, orgogliosa e adulatrice ad un tempo, mordace e compassionevole, licenziosa e bigotta. I suoi versi e le sue prose, inferiori per altezza di concetti agli scritti de'più insigni del secolo, gli pareggiano, se pur talvolta non gli vincono, nella proprietà, nella nitidezza e nella eleganza del dettato. Nulla v'ha, specialmente ne'versi, che ritragga del fare contorto del tempo. Ne'sonetti si sente il soffio neoplatonico e si rivela evidente l'imitazione del Petrarca; ma è un soffio neoplatonico che ricorda assai da vicino l'Accademia del Ficino e del Pico, è un'imitazione, clic non si vergogna de'più corretti Petrarchisti del rinascimento. Ne'versi, giova confessarlo, il Rucellai s'avvantaggia, quanto alla forma, al di sopra delle prose, dove talvolta appar di soverchio la ridondanza, la contorsione e l'artifizio.
I contemporanei annoverano il Rucellai tra gli alunni del Galilei. Egli stesso afferma d'aver visitato il grand'uomo nella sua villa di Arcetri e d'averlo udito più volte discorrere. E se non lo seguì nello studio delle scienze positive, ò certo, che tolse da lui e portò il metodo d'osservazione nelle scienze morali e nello studio dell'uomo interiore. Non già, che la filosofia ricevesse dal Rucellai un nuovo impulso o un nuovo indirizzo. Ad Orazio non erano ignoti i fasti degli avi materni. Sapeva cioè come dall' intera famiglia si fossero coltivate di preferenza le dottrine di quell'Accademia Platonica che, dispersa con la cacciata de'Medici, era stata raccolta negli Orti Oricellari; sapeva clic Bernardo, Palla, Cosimo e Giovanni, l'autore delle u Api », aveano atteso con particolare assiduità agli insegnamenti di Marsilio Ficino e degli altri. Pieno la mente e il petto de'fasti domestici, pose l'animo a far rivivere, se così è lecito dire, le tradizioni dell'Accademia Platonica, raccogliendo in sua casa gli eruditi più eletti del tempo, disputando con loro di filosofia, ascoltando e scrivendo precetti, se non di libertà, certo di sapienza e virtù. Ma la dottrina di Platone non è quella, eh' egli, ad imitazione dogli avi, faccia