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Storia della Letteratura Italiana
Il Seicento
Bernardo Morsolin
Francesco Vallecchi Milano, 1880, pagine 170

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   CAPITOLO QUINTO.
   ne apprenderai la diversità ». Dove il Gigli ebbe uguale la sorte eoi Molière fu nel premio, colto dal proprio lavoro. Il francese ebbe le persecuzioni degli ipocriti di Parigi, l'italiano gli insulti e le minaccio de' bacchettoni della Penisola, una setta diabolica, ehe al coperto d'una devozione simulata e d'una mansuetudine falsa, faceva rovina dell'onore e d'ogni maniera di roba nelle case, nelle eorti, nelle eitt à e ne' regni.
   Non indegna della commedia, di eui s'è parlato, è la u Sorellina di Don Pilone ». Il soggetto è, in origine, tutto privato e domestico. Il Gigli s'era accasato, giovane ancora, eon Lorenzina Perfetti, ehe lo fece padre d'undici figli. Dedito più che non convenisse a' piaceri, agli agi, al lauto e splendido vivere, rappresentava una natura opposta per intero alla moglie, ch'era sottile, spilorcia e nemica allo spendere. Necessitato a dividersi da lei, vogliosa di salvar la sua dote, non ebbe difficoltà di chiederle ospitalità appena si trovò smunto a quattrini. Durante l'assenza era venuto in sospetto, ehe la moglie gli avesse trafugati di casa non so quali arredi preziosi. Del segreto non era a parte ehe la fantesca, buona donna, ma divorata dal desiderio di maritarsi. A guadagnarsene la confidenza, il Gigli le dà a bere, ehe un principe romano, suo amico, s'era fatto fondatore di parecchie pingui doti da conferirsi a quelle tra le donne di mala vita, ehe avessero voluto riabilitarsi mediante il matrimonio. Le fa capire in pari tempo, ehe ove le fosso piaciuto di profittarne per procacciarsi un ottimo partito, non avea che ad ascriversi tra le donne di mondo. Nel contrasto, provato dalla fantesca, smaniosa da una parte del proprio onore, dall'altro della dote, può, messo a giorno del segreto, insignorirsi di quanto le aveva involato la moglie. L'insieme del fatto, comico veramente per ciò specialmente che si riferisce a' diversi sentimenti della fantesca, non isfugge allo spirito osservatore del-Gigli. E questa l'avventura ch'egli tratteggia nella u Sorellina di Don Pilone », una seconda commedia, ehe rappresentata più volte allargò le missioni, fattesi eon ottimo frutto eontro gl'ipocrit .
   Il u Don Pilone » eia u Sorellina » sono dettate in prosa, ma in una prosa spigliata, limpida, briosa, immune interamente dagli artifizi del tempo. La lingua, che v'usa il Gigli, non è la lingua degli scrittori, offerti come modelli unici e infallibili dagli Accademici della Crusca. Le forme sono le stesse del popolo toscano. L'autore più ehe da'voeabolari le raccoglie dal linguaggio vivo della piazza, del mercato, della bisca e della famiglia. Equo estimatore dell'idiotismo plebeo, u il quale riesce eoii'egli dice, quanto più proprio, tanto più grazioso », non bada sempre a'canoni più comuni della grammatica. Sollecito più dell' efficacia ehe dell' apparente eleganza, s'attiene, dove occorre, alle maniere popolari nell'uso degli articoli, de'pro-norni e d'altre particelle, precursore, se cosi si può dir, del Manzoni, ehe propugnò eon la parola e col fatto la teorica istessa.
   Indole argutamente faceta sortì da natura Giambattista Fagiuoli, nato in Firenze nel 1660. Compiuti gli studi nelle scuole de'Gesuiti, seguì Andrea Santa Croce, nunzio pontificio in Polonia. Dell'assenza di parecchi anni dall'Italia si giovò per apprender le lingue straniere e informarsi, osservatore acuto qual era, de' costumi delle eorti e de' diversi popoli d'Europa. Inclinato agli studi poetici predilesse da principio le rime giocose. I capitoli, ch'egli compose in Polonia, e fu solito indirizzare di tratto in tratto a'ietterati più insigni d'Italia, so non pareggiano la grazia del Derni, vanno però commendati per una eerta festività e per quella correttezza dagli equivoci, che rendono contaminate per la maggior parli le rime burlesche del cinque e seicento. Reduce in Italia e già in grido di poeta valente prepose al soggiorno di Roma, ove invitavalo Lorenzo Corsini, l'aria mite di Firenze. Accolto nella corte divenne in breve de' più intimi. Desiderato per l'amenità dell'ingegno, arguto sempre e festivo, accompagnò i principi suoi a Roma, a Napoli, a Venezia, a Milano ; gli rallegrò nelle villeggiature di Pratolino e nella residenza di Firenze, ove chiuse i suoi giorni nel 1742. Il nome del Fagiuoli più che per i molti e diversi seritti in versi e in prosa, recitati nelle conversazioni