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Storia della Letteratura Italiana
Il Seicento
Bernardo Morsolin
Francesco Vallecchi Milano, 1880, pagine 170

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a cura di Federico Adamoli

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   1ÒI> CAPITOLO QUINTO.
   ina si persuaderebbe facilmente, clic non pochi degli italiani e stranieri, tra'cpiah non ultimi il Molière e il Goldoni, v'attinsero motti, frizzi ed arguzie le talvolta tessiture di scene, invenzioni di caratteri e persino di favole.
   Quanto si parvero numerose le commedie a soggetto, altrettanto furono scarse le scritte. Io non parlerò di Raffaello Borghini , di Sforza degli Oddi c d'altri parecchi, morti ne'priini anni del secolo XVII. Le commedie, scritte da loro in giovinezza, appartengono interamente al cinquecento. E al cinquecento s'addicono le quattordici di Giambattista della Porta di Napoli, morto in patria d'oltre sessant'anni nel 1615; tanto più, che per l'intreccio e per i caratteri bi rivelano prette imitazioni di Plauto, il modello seguito di preferenza da'commediografi anteriori al Tasso. 11 primo, che nel periodo letterario del quale si parla, scrivesse commedie, fu Michelangelo Buonarroti il giovane, morto nel 1646 in Firenze, ove nacque, ncll' età di settanta otto anni. Dal terribile omonimo, di cui fu pronipote, se non ereditò il genio artistico e letterario, s'ebbe almeno quell'amore a'begli studi, che anche, dove non c prepotente l'ingegno, si fa spesso eccitamento al ben fare. De'membri più valenti della Crusca collaborò alle due prime edizioni del Vocabolario e in gran parte anche alla terza. Ricco, quanto dotto ed erudito, usò raccogliere in sua casa i più insigni letterati della citta e disputarvi, come in un'Accademia, delle antichità di Firenze e particolarmente delle famiglie] più nobili. A lui, innamorato dell'arti belle, è dovuto l'incoinineiamento della celebre Galleria in onore del divino Michelangelo, condotta nelle case de'Buonarroti su disegno di Pietro da Cortona. Prosatore scrisse cicalate, lezioni, elogi e descrizioni, dove il fare pesante dell'Accademico rende più nauseoso il continuo piaggiar del cortigiano. Poeta dettò capitoli, satire e indovinelli, preziosi, se vuoisi, per la bontà del dettato, ma poveri affatto di vena poetica. Gentile e grazioso per la vivacità della locuzione e la varietà delle imagini poetiche è piuttosto 1' u Aione », un poemetto burlesco in tre canti, pubblicato, non è molto, dal Fanfani. u 11 Natale d'Ercole » e il u Giudizio di Paride », due favole, rappresentate in occasioni solenni nelle corti di Ferrara e di Toscana, non s'avvantaggiano gran fatto al di sopri de' drammi pastorali del tempo. Di merito molto maggiore è il lavoro drammatico, che s'intitola le a Mascherate » ; dove alle grazie della forma cresce pregio la molteplice varietà de'personaggi, mescolati a cori di Maschere, a Covielli, a Zanni, a Scartati d'Amore ed a Zitti.
   Ma le due opere, per le quali il Buonarroti ha un posto onorato tra' commediografi del secolo decimo settimo, sono la a Tancia » e la a Fiera ». L'insieme della a Tancia » non è nuovo. 11 poeta la modellò sulle rappresentazioni rustieali del secolo decimo quinto. Ciampino, innamorato della Tancia, una bella giovane del contado toscano, prega Cecco amico suo a volerla persuadere alle nozze, cui egli agognava. Ma Ciampino non è il solo ehe aspiri a quella mano. Ha un rivale in Pietro Belfiore, un garbato cittadino, clic ad attuare il suo desiderio interpone la Cosa, una giovane contadina amica alla Tancia. Ma nè l'uno, nè l'altra de'due mediatori valgono a riescir nell'intento. La Tancia si sente troppo amata da Cecco per rivolgere l'animo ad altre nozze: e la Cosa, presa alla sua volta di Ciampino, non sa veder di mal occhio, che cada inutilmente 1' opera mediatrice di Cecco. Rivelatisi a vicenda il compito assunto, i due non faticano ad accordarsi in un intento opposto del tutto alla preghiera ricevuta ; Cecco nel persuadere Ciampino dell'amor della Cosa, la Cosa nel ridurre la Tancia alle voglie di Cecco. Pietro, ottenuto intanto l'assenso del padre, s'affretta a informarne la figlia, che incontratasi poco dopo in Cecco e uditene le più vive dichiarazioni d'amore, rompe in lagrime e sviene. A farla ritornare a'sensi non valgono le cure ripetute di Cecco, non quelle di Pietro, che fa fuggire lontano il rivale sorpreso in atto d'assistere la Tancia, e subentra nell'ufficio pietoso. Richiamata a vita quando a Dio piacque per gli incantesimi di due streghe, il padre, cui non parca vero di stringersi in parentado con un cittadino, si fa a persuaderla d'accettare la mano di Pietro. Strappatone a suo modo l'assenso, li-