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Storia della Letteratura Italiana
Il Seicento
Bernardo Morsolin
Francesco Vallecchi Milano, 1880, pagine 170

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a cura di Federico Adamoli

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   LA SATIRA.
   (39
   nelle parli di ciascuna c di tutte, si manifesti ombra alcuna di plagio. Il Sergardi ha un'arte particolare di fondere insieme il fare diverso dc'tre più celebri satirici latini e diciamo anche di Petronio Arbitro, tanto da darne un non so che di nuovo e di tutto suo proprio. In quelle satire non v'ha nulla, che ritragga anche di lontano le mai icre de'cinquecentisti, che lavoravano, se così si può dire, a mosaieo. In esse non ò l'ilea, che serve alla parola, ina la parola all'idea. Uno de'vanti principali del Sergardi sta nell'aver saputo vestir felicemente d'elette frasi latine i costumi, gli usi, le invenzioni, l'insieme, in una parola, della vita moderna, senza che vi si manifesti indizio alcuno di sforzo. In onta a qualehe inesattezza nella espressione si direbbe, che le sue satire sieno il portato non d'uno scrittore moderno, ma de'tempi d'Augusto. Quanto a me, dichiaro per altro che la magìa della forma non ini sedurrà mai tanto da assolvere il poeta dalla colpa di lesa inorale; come la bellezza delle « Nuvole » non sa rendermi men brutta i'azione d'Aristofane, che getta la beffa su Socrate. Più che la satira intesa a correggere il vizio io ci trovo il libello, Sijtlso a denigrare l'altrui reputazione . E questo libello ini si affaccia tanto più degno di riprovazione, quando penso che a'eritici il poeta solea spesso rispondere con cinica indifferenza, che poco gli caleva di dispiacere a taluni dopo che avea piaciuto a tutto il mondo.
   11 Sergardi non s'è contentato di dettar le sue satire in latino. A renderne pia comune la intelligenza le tradusse, per la massima parte, anehe in verso ita-¦ano. La sua terzina è faeile, vario e fluido il verso, spontanea e naturale la rima. Dove rimane inferiore all'originale è nel rendere certe finezze latine, che non trovano forme corrispondenti e adequate pienamente nella lingua volgare. Avviene da ciò, che l'autore dia talvolta in certi modi sconci e triviali. E questo difetto si palesa particolarmente, dove il frizzo sente più del bordello e della piazza; dove il motto della Suburra, non disaggradevole forse agli antichi, ripugna alle norme della buona morale e dirò anche del galateo de'moderni.
   Col Sergardi tocca, si può dire, l'estremo la satira che fulmina l'individuo, anziché il vizio. Quella, che dopo di lui tiene il campo nella letteratura italiana, è la imitazione degli scrittori francesi, che aveano reso famoso il secolo di Luigi XI7. La Fonlaine avea saputo trattare così bene la favola da superare sotto certi rispetti Esopo e Fedro, da'quali attinse spesso gli argomenti. Ma sotto l'apparenza duna certa bonarietà occultava una fina malizia. Dalla sua favola, colta c signorile, partono frizzi, che sebbene lanciati sottomano, colpiscono perfettamente nel sogno. E questa maniera di letteratura non nuova, se vuoisi, ma antica, si fece in breve di moda in Italia. Incominciata col Tommasi Crudeli, nelle cui favole la spigliatezza della forma s'accompagna sempre all'arguzia del frizzo, procede, più o meno felicemente, col Gozzi, col Passeroni, col Bertela, col Casti, col Roberti, col Rossi, col Pignotti e col Clasio, contemporanea talvolta alla satira altamente civile del Parini e dell'Alfieri.
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