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Storia della Letteratura Italiana
Il Seicento
Bernardo Morsolin
Francesco Vallecchi Milano, 1880, pagine 170

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   1ÒI> CAPITOLO QUINTO.
   ranti perfino del leggere commettevano i più grandi strafalcioni nell'uso de'costumi storici; flagella gli seioechi, datisi a prediligere il genere, che con voce moderna si direbbe de'realisti; mette al nudo la lurida ingordigia de'molti, che trascuravano per avidità di guadagno la perfezione dell'arte ; s'adira eontro la presunzione di quelli, ch'esponevano i loro lavori non per giovarsi delle censure, ma per accattarne le lodi. E le sue parole non si fanno mai così acerbe, come quando impreea a pittori, chc trattavano soggetti osceni perfin nelle chiese, toglievano di naseosto le commissioni a'eompagni, ricevevano in antecipazione i denari per poi sdebitarsi, quando a Dio piacesse, dell'opera, contraffacevano le tele, vendevano per cose altrui le proprie, mettevano, a dir breve, ogni studio nel
   Finger l'uomo da bene e l'incorrotto, E la parola 'poi non osservare ; Vendere un quadro istesso a sette o a otto.
   L'amore dell'arte fu uguale nel Rosa all'amor della patria e della umanità. E le vessazioni, ehe il governo spagnolo esercitava su'Napoletani, sono fulminate con pan sdegno nella u Guerra ». Il Rosa se la piglia eo'monarehi, i quali mettono a soqquadro la fede, la roba e l'onore de'sudditi; arde di stizza eontro le guerre de'tempi suoi, e specialmente de'Trent'Anni; s'infuoca implacabile ora eontro la febre comune d'aequistar gloria nel sangue, ed ora eontro l'avara ingordigia di quel dominio, ehe
   Dalla ragion l'umanità diparte.
   Nella u Babilonia » manda al palio gli abusi e i vizi di Roma; getta lo seherno su'tanti, saliti dal nulla ai più eminenti gradi della corte; lamenta, che vi sieno protetti e onorati i soli ignoranti; si mostra, a dir breve, nauseato all'obbrobrioso spettacolo di
   Veder lombrichi duellar co'tauri, Le cicale sfidar i rossignoli, E star le zucche a tu per tu co' lauri ;
   Nulla cedere a'cedri i cetrioli, E coli' aquile eccelse e gloriose Concorrere gli allocchi e gli assioli;
   Le malve e ortiche conculcar le rose, Ed a man diritta gli asini da stanga De' Baiardi alle razze generose;
   Tutto il giorno sentir la sporca fanga Millantar di candore, e incensi ed archi A fronte della clava ambir la vanga;
   Da'l'olignoti al par gir gli Agatarchi, E co' Ciri i Calvisi smemorati, Con le clamidi in riga i saltimbanchi.
   La grandezza di quelli che s'atteggiano ad eroi, decresce, secondo il Rosa, in ragion del continuo salir, ch'essi fanno, mentre
   I principi son simili a' meloni, Molti i scipiti son, pochi i perfetti;
   E spesso quei, che a noi sembrali Soloni, Ilan manco testa che non hanno i grilli; Somari con le pelli di leoni.