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Storia della Letteratura Italiana
Il Seicento
Bernardo Morsolin
Francesco Vallecchi Milano, 1880, pagine 170

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a cura di Federico Adamoli

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   LA SATIRA.
   (39
   quanto alle u fvitire », ch'egli dettò, già oltre 1 quarant'anni, negli ozi della sua villa di Montisone.
   Al Soldani, uomo di corte, dotto nelle lettere c nelle scienze, vissuto in mezzo a una soeictà igliaecamsnte spensierata, non mancò modo di conoscere le abitudini, i gusti e i costumi de'suoi tempi. I temi, eh'egli prese a trattare, non potevano riuscire più aceonci, nè più opportuni alla correzione dei vizi allor più comuni. Nulla aveva così contaminato la morale, quanto l'ipocrisia, il lusso, l'avarizia e [' neostanza degli umani desideri: di nulla s'era risentito il campo specialmente delle scienze quanto della cocciuta ostinazione de'Peripatetici. E contro questi vizi, ed altri più particolari delle corti, sono indirizzate le sette Satire, che l'autore lasciò inedite e il Gori pubblicò la prima volta a mezzo il seeolo deeim'ottavo. L'intendimento non poteva essere più nobile. Così vi si pareggiasse il pregio dei-arte letteraria! Il Soldani dichiara bensì d'aversi prescelto lo seudiseio,
   Che armò le mani al dotto Ferrarese;
   ina gli sforzi ch'egli fa, per accostarsi al più grande satirico del cinquecento, cadono atfatto infruttuosi. Gli manca quella finezza de'sali comici, c quella facoltà di lasciarsi andare facile e piano, che costituiscono la caratteristiea principale dell'Ariosto. Il verso stesso accusa un certo studio, che lo rende duro, stentato, monotono. Pare la nota, ch'esce continua d'una medesima corda. Il Gori loda il Soldani di aver saputo giovarsi magistralmente dello studio di Dante. E veramente non si può negare, che le Satire abbondino spesso di frasi, e talvolta di mezzi versi, tolti alla Divina Commedia. Ma que'mezzi versi e quelle frasi rendono troppo manifesto lo sforzo dello scrittore, perehc ne guadagni in naturalezza e in efficacia il dettato. V' ha nell'insieme qualche cosa, che rieorda il fare dei latinisti del cinquecento, i cui scritti s'assomigliano, salvo qualche eccezione, a lavori di musaieo e d'intarsio. Si direbbe, che nelle Satire sia non la parola, che obbedisce spontanea al concetto, ma il eoneetto, che per soverchia ostentazione dello studio dantesco s'accomodi servilmente alla parola.
   Del resto i eolpi di scudiscio non sono tali veramente, che feriscano a sangue, inarcato con impeto il braccio, il Soldani non ha il coraggio di calarlo con altrettanta violenza por tema di recar troppo male. Le sue sono seudiseiats a fior di pelle, che non lasciano nò solco, nè lividura. Per la patria comune di cui conosceva pur le miserie, non ha che il breve compianto d'un emistichio della Divina Commedia:
   lilisera Italia, di dolore ostello!
   Maggior grado, che non per qualunque altra, gli si si vuol per la satira contro i Peripatetici. Studente il Soldani avea avuto a maestro nelle scienze fisiche c nelle matematiche il Galilei. Inoltrato alquanto negli anni gli era avvenuto di assistere allo strazio disonesto, che i seguaci d'Aristotele aveano fatto delle nuove dottrine, ch'erano il risultato dell'acuta osservazione di quel grande. Nel pungere pertanto il torto sistema de' barbassori, che giuravano in verbi magistri, non sa intrattenersi dal pigliare le difese dell'astronomo, chc, armato l'oechio d'una lente, addita per primo le maechie del sole, scopre i satelliti di Giove,
   E vede nella luna e monti e valli.
   Non importa, che i versi escano freddi e poveri ugualmente di sareasmo e di bile. In un secolo d'universale vigliaccheria è pur atto non piccolo di coraggio difendere, sia pur rimessamente, la verità e la giustizia.
   Delle satire del Soldani non pare che i contemporanei s'accorgessero nemmeno. Il grado eminente tenuto nella corte c 1 intimità con gli uomini più potenti