LIRICA.
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poeta immaginoso e fecondo. A trent' anni ebbe modo di veder Roma e d' essere accolto nell'Accademia letteraria di Cristina di Svezia. Dagli esercizi poetici, fatti prima nelle adunanze tenute nelle sale di quella regina, e poi nell'Accademia, derivò principalmente la fama che corse di lui da un capo all' altro d'Italia. La sua vita divenne da quel momento una serie non interrotta d'ovazioni e di trionfi. Quelli che non s'accordano nel giudizio de' contemporanei, sono i posteri. Il nome del Guidi, ammirato e onorato in vita, quanto e forse più che il Chiabrera, venne mano mano oscurandosi col proceder degli anni. I critici distinguono ne' componimenti di lui due maniere affatto differenti. La prima s'incontra ne'versi, ch'c-gl scrisse prima di togliersi a Panna. A trent'anni, nell'atto cioè di partire per Roma, il Guidi pubblicava, intitolato a' Farnesi, un volume di rime giovanili, non senza la speranza che « all'ombra delle loro porpore » sapessero u cangiarsi in macchie di luce e indorare a' lampi di si generosa potenza le gramaglie della propria fortuna ». Nel dedicarli a' Farnesi piuttosto che ad altri, si sbracciava a far credere che non avrebbe potuto u scegliere a sostegno della sua penna eroi più luminosi nelle sfere della grandezza, nè cercar trofei più cospicui negli erari del merito per illustrar la debolezza del proprio destino ». Le glorie de' Duchi di Parma risaltavano agli occhi di lui u per que' prodigi d'oro degli scettri, che coronano di splendori la fama, e innestano alle spoglie dell' eternità i fregi più doviziosi della maestà e del valore » : onde augurava che sfavillassero u nelle Isneri di tanti secoli le pompe del loro sangue, decrepite fra i manti degli imperi 2 gli ostri de' trionfi » ; e che u le generose prove del loro animo , sdegnando mendicar lumi dall'ombre degli antenati, c di suscitare dagli antichi secoli le felici della gloria » , stabilissero u le macchine de' loro applausi nel centro delle piii eroiche azioni ». I versi, intitolati a' Farnesi, non si differenziano per i concetti, per le immagini e per la forma dalla natura della dedica. I modelli, seguiti lai Guidi, non sono altri dagli esemplari del Marini e de' campioni di quella scuola. Li' esser nato e cresciuto sul declinare del secolo XVII, quando 1' arte avea già ucominciato a smetter le ampolle, non bastò a preservarlo da' difetti che i più si studiarono d' evitare e di combattere. I versi della prima maniera accusano, senz'altro, il pieno seicento.
Narra il Crescimbeni, che il Guidi, capitato a Roma senza conoscenza alcuna degli scritti dell'Alighieri e del Petrarca, fosse eccitato a proporsi a modello li poetare le odi di Pindaro e a giovarsi nell'opera dello studio di que' due principali tra' classici italiani c in modo particolare del secondo. Ha origine da questo nomcnto la seconda maniera. Non che il Guidi vi si riveli diverso affatto da quel Iella prima. L'esempio del più grande de' lirici greci, suffragato dal concorso le' più insigni e più corretti tra' poeti italiani, non valse a purgarlo affatto dalle forme esagerate, ch'egli aveva appreso nella giovinezza. Ma questo fare vi si ma-lifesta pili come accessorio che come impronta principale ed eselusiva. Ne' versi Iella seconda maniera ciò, che si palesa evidente, è prima di tutto la imitatone di Pindaro. Il campo ch'egli corre è, presso a poco, lo stesso del Chia-Jrera. I componimenti del Pavese vincono anzi per copia d'immagini e per varietà l'armonia quelli del Savonese. Dove il primo rimane inferiore di molto al secondo, ì nella condotta e nella forma. Nel Guidi vi hanno amplificazioni, a primo aspetto, grandiose e magnifiche ; ma sono amplificazioni che accusano l'artifizio rettorico ìon appena ti metti a esaminarle con la lente del critico. Neil' uso sovrabbon-lante degli epiteti il poeta bada più, si direbbe, al ritmo, che al senso. I soggetti stessi, frivoli in generale e melensi, non s'accordano all'indole del modello. Chi orrà equiparare agli argomenti pindarici i costumi, le leggi, gli esercizi degli Ar-;adi di Roma, o le Omelie di Clemente undecimo? Nasce da ciò che il fare largo, :: vuoisi, e magnifico nell'introduzione de'componimenti del Guidi, degeneri, a jreve andare, per difetto di sentimento vero e reale, in un non so che di freddo ; di scipito. Più che 1' onda maestosa e irrompente del poeta tebano, tu vi senti
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