5() CAPITOLO TLkZO.
ilul Cilindrerà alla lira toscana, erano Eà stati accomodati nel cinquecento alla latina. Il Lainpridio, buon umanista, avea lasciato esempì d'odi, composte di strofe, d'antistrofe e d'epodi alla foggia di Pindaro.
Agli emuli del lirico di Tebe fu vaticinata da Orazio la sorte d'Icaro. Io non dirò chc sia toccato lo stesso al Olnabrera. In onta anche alla soverchia servilità dell'imitazione ò forza riconoscergli il merito d'aver indirizzata per una via più nobile la lirica, perduta lino allora nelle frivolezze amorose. È a dire piuttosto non intendesse, come'pur si avrebbe voluto, la poesia del maggiore tra'lirici greci. Pindaro aveva inneggiato agli Dei e agli eroi uccisori de'mostri; aveva immortalato i giovali della 'Grecia, ch'erano usciti vincitori dalle palestre d'Eleusi, d'Istmo c d'Olimpia; aveva cantato, in una parola, la religione e la patria. E la religione e 'a patria furono pure gli argomenti prediletti del Chiabrera. Le sue liriche sono di varia natura, storiche, politiche, religiose, morali: gli argomenti, le vittorie^ su'pirati del Tirreno, la battaglia di Lepanto, gli sforzi titanici de'Veneziani contro 1 Turchi nell'Egeo, le imprese de'capitani d'Italia, i fasti de'Principi più insign , gli atti della Vergine, degli Apostoli, de'Martiri, le lod delle virtù più elette, le invettive contro l'ipocrisia, l'avarizia e la dissolutezza. Ma egli non intende clic gli Dei di Pindaro costituivano la .religione de'Greci; non intonde che negli eroi si compendiavano le tradizioni gloriose delle eittà e delle famiglie; non intende che i giuochi erano non uno spettacolo vano, ma il ritrovo comune, dove le genti dell'Eliade si riconoscevano discendenti da un medesimo ceppo, si sentivano una nazione robusta, si ritempravano ad ogni maniera di civili virtù. Imitatore troppo cieco e servile, non sembra distinguere talvolta la diversità de' tempi, e la differente natura della civiltà. Quelli ch'egli eanta, non sono gli ammiragli di Venezia, non sono le battaglie dell'armi cristiane contro a' pirati, o contro a' Turchi, non s'ono i giocatori di pallone di Toscana : si direbbe piuttosto che '1 poeta scambi Lepanto con Salamina, i Dandolo, i Pittigliano, i Triulzio, gli Alviano, i Gonzaga e i Barbarigo con Gcrone di -.Siracusa, con Senofonte di Corinto, con Arcesilao di Cirene e con Aristomene di Egina. Auzichè raccogliersi tutto nel soggetto, si perde in reminiscenze mitologiche, in raffronti storici , e in generalità rettoriche, prive d'ispirazione, di movimento e di vita. Di fronte a un non so chc di arido o di frettoloso s'incontrano talvolta descrizioni verbose, sproporzionate all'insieme del componimento. Il proponimento ehe il poeta si fa spesso d'esser breve, trae a sospendere talvolta, quasi improvviso, l'argomento incominciato, se pur non trascina, dopo le più acerbe invettive contro il vizio, a freddure degne appena degli Arcadi. E i movimenti infine che affettano i così detti voli pindarici, rivelano troppo lo sforzo di calcare le orme del maestro, perchè non diano l'idea d'un esperimento rettorico.
I Santi stessi, presi a tema delle sue liriche, non sono quali ce li rappresentano i fasti del Cristianesimo. Quel divagare ch'egli fa dj continuo ne campi dell' erudizione, gli consente ben rare volte, per non dir quasi niai,^ d'addentrarsi nell'argomento e di cogliere l'individuo nella sua personalità. E però la sua Vergine, i suoi Apostoli, le sue Martiri appaiono, non dirò sbozzati, ma accennati appena con segno leggerissimo ne' contorni, in mezzo a una congerie d'imn bigini di mitologia o di storia, non di rado anche profana. Quella che spira dalle lìriche, non è la religione che informa la Divina Commedia e, soggiungeremo, anche'la Gerusalemme Liberata: è invece la religione ufficiale, la religione blu di apparenza che di sostanza, della quale fecero sfoggio i poeti posteriori al Concilio di Trento. Non è un sentimento che avviva la letteratura; è piuttosto un ingrediente di moda, accomodato alle forme classiche, dal quale imane estraneo del tutto lo spirito. Il Chiabrera visse nella speranza chc 1 Malia avrebbe salntato in lui il suo Pindaro, il suo Tirteo, la sua Satfo, il suo Snhb-nide: i contemporanei, e segnatamente il Pontefice Urbano Vili e ì Principi di Savoia, di Modena, di Parma, di Mantova e di Toscana, a'quali fu prodigo di