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Storia della Letteratura Italiana
Il Seicento
Bernardo Morsolin
Francesco Vallecchi Milano, 1880, pagine 170

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a cura di Federico Adamoli

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   capitolo terzo
   LIRICA.
   Claudio Aciiillini — Girolamo Preti — Gabriello Ciiiabrera — Giovanni Ciamboli — Fulvio Testi — Francesco Redi — Vincenzo da Filicaia — Alessandro Guidi — Carlo Maria Maggi — Francesco Llmene — Giambattista Cotta — Giambattista Zappi — Eustachio Manfredi — Paolo Rolli — Pietro Metastasio — Innocenzo Frugoni — Francesco Algarotti — Saverio Bettinelli.
   Il Manzoni ha giustamente avvertito che il fare ampolloso e la u grandine di concettini e di figure non continua alla distesa » nelle opere di gran mole. E ciò s'incontra non solo negli scritti di prosa, ma in quelli ancora di poesia. L'Adone, che rappresenta, si può dire, in se stesso quanto portò di stranu e di lambiccato la letteratura del seicento, ha pur esso de'lunghi tratti, dove lo stile cammina cosi naturale da sembrar quasi immune da' difetti del secolo. Quello studio delle forme esagerate, qucll' accozzamento delle qualità più opposte, intese a destarlo stupore, richiedevano senza dubbio uno sforzo, a cui l'ingegno non poteva reggere a lungo. La natura, bisognosa di riposo, portava di necessità gli scrittori a smettere di quando in quando i trampoli, per camminare co'piedi. La sola lirica scostasi^ in ciò dalle altre specie di componimenti poetici. La brevità del lavoro consentiva facilmente ad essa ciò che non si concedeva all'epica, alla drammatica e alla didascalica. Le ultime liriche del Marini, quando l'arto era già degenerata del tutto, non hanno nessuno di que'tratti che corrono semplici c naturali nell'Adone. Orditura, forma, concetti, tutto rivela uno sforzo, a cui l'ingegno non avrebbe durato, ove il componimento si fosse tirato più in lungo. E pure il Marini non segnava nella lirica le colonne d'Ercole, oltre le quali fosse temerità avventurarsi. L'audace Ulisse che le passò, fu Claudio Aciiillini, nato in Bologna nel 1574, e morto nella sua villa di Sasso l'ottobre del 1G40. Gli studi della medicina, della teologia e della giurisprudenza, l'insegnamento lungo e costante di queste ultime in Ferrara, in Parma e in Bologna, e la vita, spesa alcun tempo tra' cortigiani di Roma e di Francia, non tolsero a lui di esercitarsi anco nella poesia. Delle molte rime adulatorie non è storico della letteratura italiana il quale lasci di riferire il famoso sonetto in lode di Luigi XIII di Francia, o non ricordi l'ode sulla nascita del Delfino, che fruttò al poeta una collana d'oro del valor di mille scudi. Rimane di lui un non grosso volume di liriche, dove le metafore, le antitesi e i giuochi di parole sono così strani ed arditi da vincere al paragone le mostruosità non solo del maestro, ma di tutta insieme la scuola. A me basti recare, siccome saggio, uno squarcio d'un sonetto erotico, ove si lodano i capelli biondi di Silvia. Desideri, die'egli, di vedere un bel fiume d'oro?
   Qua vieni e guarda Silvia, e sì vedrai: Su quella bella testa ondeggia il Tago.