Stai consultando: 'Storia della Letteratura Italiana Il Seicento', Bernardo Morsolin

   

Pagina (43/179)       Pagina_Precedente Pagina_Successiva Indice Copertina      Pagina


Pagina (43/179)       Pagina_Precedente Pagina_Successiva Indice Copertina




Storia della Letteratura Italiana
Il Seicento
Bernardo Morsolin
Francesco Vallecchi Milano, 1880, pagine 170

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

Aderisci al progetto!

   
[Progetto OCR]




[ Testo della pagina elaborato con OCR ]

   ;>!_ CAPITOLO SECONDO.
   Dei » epopea giocosa, clic ve/leva la luce quando della a S iccliia Rapila inedita ancora, correvano a centinaia le copie per le mani degli studiosi. L'insieme della tela, non è veramente una gran cosa. Marte, incitato dallo Sdegno, mandatogli a bella posta da Venere, delibera di vendicare la vergogna patita da entrambi nella rete di Vulcano. Sceso pertanto dal cielo, muove dìiilato all'isola di Lcnno, vi sfida a duello il rivale, e ne rimane solennemente bastonato. Deluso nell'aspettazione, lo Sdegno ritorna a Venere ad accusarvi, autor primo del disordine, Amore. Ciò basta perchè la Dea se la pigli con quest' ultimo e lo batta di santa ragione. Amore, scornato, fugge, all'insaputa di tutti, nella montagna dTda. Disperata di ritrovarlo in cielo, scende la madre sui gioghi d'Appennino. Errabonda per valli e per selve, entra dopo vari giri in un antro ove giace Taccone, stupido per ubriachezza, c a eui danno la baia un pastorello e due forosettc. Sdegnata d'alcune parole meno riverenti alla maestà di Giove, la Dea trasforma Taccone in civetta, il giovinetto in pettirosso, le pastorelle in cingallegre. La sola speranza di qualche indizio intorno ad Amore fa sì eli' ella restituisca al primo le forine perdute. Taccone, interrogato dalla Dea, si fa a raccontare come s'incontrasse un giorno sui monti di Pistoia in Vulcano clic vi faceva il carbone necessario a temprare la rete in cui furono colti Venere e Marte. Quanto ad Amore protesta d'averlo veduto una sola volta in que' luoghi. A chiarirla del dove si potesse per avventura trovare, conduce la Dea a Barbone, un negromante, chc aveva stanza al piede dei colli. Le arti e gli scongiuri di costui riescono, dopo lunghe fatiche, a far conoscere per bocca del diavolo Morfeo, come il cieco Dio si fosse appiattato nella solitudine d'Ida, e stesse in bilico di scendere o no all' Inferno. A stornarne il pericolo, la Dea manda in fretta quel demonio, mcntr'ella, fattosi chiamare Mercurio, s'indirizza alla montagna di Creta. Mercurio, promessole di vendicar l'onta del marito, vola all'isola di Lenno, ove scorge Vulcano inteso a trastullarsi con una bertuccia. Datosi a conoscere, si mette a dissuaderlo da quella tresca. Non riuscitovi con gli argomenti suggeritigli dalla ragione, imagina uno stratagemma in forza del quale Vulcano rimane musico alla presenza e tra le risa di tutti gli Dei. encre, mentre s'aggira vendicata per le montagne d'Ida in traccia del figlio, s'imbatte in Morfeo chc ne avea prese le sembianze, e raccoglie da lui come Amore fosse stato bandito dall'Inferno. Rassicurata, raddoppia le ricerche, e non l'ha, si può dire, trovato, che si sente innamorata d'Anchise, un pastore di quella montagna. Desiderosa di trarlo alle sue voglie , ne chiede conto a una vecchia chc gli era madre. Infermata come il giovinetto ponesse ogni studio nel poetare, si fa a cantare di Dafne e di Jacinto. Anchisc, intenerito alla pietà di que' casi, segue la Dea a un banchetto imbandito in mezzo a' pastori. Chi sopravviene inaspettato a turbarne la gioia è il Dio Momo, chc, trasvestitosi per comando di Giunone, si fa ad irridere i Numi e Venere istessa a preferenza degli altri. Il giuoco non dura però lungo tempo. Scoperto da Amore, ehe si rivela allora soltanto alla madre, il buffone è cacciato a sassate da' pastori, e alla Dea è concesso finalmente d intrattenersi a suo piacimento con Anchisc. Malconcio e dipelato per una caldaia di broda bollente, versatagli addosso da'pastori, Momo implora vendetta dalla Notte chc, ottenuta con l'aiuto del Sonno la falce della morte, uccide Venere e Amore giacenti con Anchisc, c i Numi dell' Olimpo raccolti a banchetto. Febo, 1 unico che per essere assente era scampato all'eccidio, ne reca la triste notizia alla Natura. Costei, convocati il Consiglio ed il Fato, risuscita e accoglie a consesso gli Dei migliori , perchè si eleggano un capo. La discordanza ne' voti dà luogo a una confusione diabolica : tantoché la Natura, stanca dello scandalo, squarcia con la forbice il ciclo c li lascia precipitare a rompicollo sulla terra. Affamati, gli Dei incominciano a
   pascersi di carne umana. Ha origine da ciò una lotta spaventosa con gli uomini, guidati da Taccone chc rompe da prima le tempia a Bacco incontrato in un' osteria, e si prepara a far quindi lo stesso con gli altri. Esculapio, caduto ugualmente dal cielo, s'imbatte intanto ne' cadaveri d'Amore e di Venere,