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Storia della Letteratura Italiana
Il Seicento
Bernardo Morsolin
Francesco Vallecchi Milano, 1880, pagine 170

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a cura di Federico Adamoli

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   Mti di vostra parvenza il lei chiarore, Sol per vittor'iare il vostro quore.
   Nessuno, in una parola, v'ò risparmiato, neppure cle'poeti eontemporanei di maggior fama; non ,
   La Musa gentil di Fulvio Testi;
   non il Tasso, che nel primo verso della Gerusalemme adoperò la voee pietosa per pie, non il Bracciolini, che usò il legno santo per la Croce, facendo equivoco col legno d'India, che guariva da eerti mali venuti d'oltr'alpe. E più ehe contro gli scrittori e i linguai del seicento, la satira si fa aeerba contro i nemici privati del poeta, e particolarmente eontro Alessandro Brusantini di Ferrara o, eon altre parole, il Conte di Culagna
   Filosofo, poeta, bacchettone,
   Ch' era fuor de'perigli un Sacripante,
   Ma ne' perigli un pezzo di polmone.
   Uno degli seopi non ultimi del Tassoni fu anzi quello di vendicarsi delle ingiurie ehe il Conte gli avea fatte lanciar contro in un libello satirieo. E il ritratto chc ne uscì nella u Seeehia Rapita » è, si può dire, 1'unieo tra quelli di molti che ancor sopravviva, come ne sopravvive in modo proverbiale il carattere.
   La piena conoscenza de' vizi letterari non rese immune il Tassoni da eerti difetti, comuni a' contemporanei. La vivaee molteplicità dello stile, la f'ranea speditezza della narrazione, la larga varietà del colorito, la facilità particolare della ottava, sempre sostenuta e armoniosa per ispontanea diversità di cadenze, assegnano, senza dubbio, alla u Secchia » un posto eminente tra le produzioni più elette del seeolo XVII. Ciò per altro non toglie che vi si incontrino aleuna volta ampollose esagerazioni di concetti e certe improprietà di parole e di forme, dalle quali non vanno esenti neppure i più corretti fra i Toseani. Quello che accusa una caratteristica tutta particolare, è il fare satirico del poeta, u A chi mi domandasse, scrive il Cardueei, di ebe qualità sia il ridieolo e faeeto nella forma del Tassoni, non saprei rispondere, se non per via di esclusioni e eon una similitudine. Non è il riso ingenuamente gioviale del Berni, ne il piacevolone del Caporali, nò l'ineisivo di Rabelais, nò il profondo del Cervantes, nò l'aeeademico di Boilcau, nè il buffonesco di Scarron, nè l'acuto e filosofico di Voltaire. Gittate gli occhi sopra un l'itratto di Alessandro Tassoni: vedete quella cera di galantuomo? quella fronte alta, serena, mitemente increspata verso il sopracciglio? quegli occhi vivi e placidi a un tempo, e T arguta bonarietà che ne spira ? e le labbra rilevate e le guancie piene, non grossamente ? e della faccia un pochetto rotonda il profilo dignitoso e severo ? Guardate bene cotesta faccia, in cui la indifferenza non è inerte, nè la qtiiete apparisce infingarda: e potrete avere un'imagine del ridieolo del Tassoni. E un sorriso aristofanesco, pieno, largo, soavemente diffuso in tutto il pensiero e in tutta la forma; sorriso spensierato, se vuoi, e talora plebeo; ma dopo il quale non sogghigni, nò fremi con amarezza ».
   Nessuno de' critici ha sconosciuto l'eecellenza della a Seeehia Rapita » al di sopra d'ogni altra epopea eroicomica. Ciò che si contese al Tassoni, fu il vanto dell'invenzione. Il competitore sarebbe, seeondo alcuni, Francesco Bracciolini, nato in Pistoia nel 1566 e morto in Castel di Ripalta nel 1645. Cortigiano, come il Tassoni, si tolse, non molto inoltrato aneora negli anni, dal servizio di Maffeo Barberini, nunzio pontificio in Francia, per dedicarsi a vita privata. Poeta, esordì coti la u Croec Raequistata », a cui feee seguire a non molta distanza la u Bulgheria Convertita », due poemi eroici, levati a cielo, appena useiti alla luee, e dimenticar poi, tranne da' bibliografi. Già oltre i einquant'anni, dettò u lo Scherno degli
   Morsoli n\