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CAPITOLO SECONDO.
Poeta (legno d' immortali onori Nel tempo che puzzar soleano i fiori,
sono canzonati i fabbricatori Ili versi dalle forme ampollose e dalle antitesi lambiccate. Certe ottave, clic il Conte di Culagna, briaco fradicio, recita estemporaneo in lode degli occhi di Renoppia, porgono, senz'altro, una contraffazione manifesta delle comparazioni del Marini:
0 del cielo d'amor ridenti stelle, Onde della mia vita il corso pende: D'amorosa fortuna ardenti e belle Ruote, dove mia sorte or sale, or scende ; Immagini del sol, vive facelle Di quel foco gentil, che l'alme incende, Il cui raggio, il cui lampo, il cui splendore Ogn'intelletto abbaglia, arde ogni core; Occhi dell'alma mia ' pupille amate; Lucidi specchi, ove beltà vagheggia Sè stessa; archi celesti, ond'infocate Quadretta avventa Amor, che in voi guerreggia; Dette vostre sembianze, onde il fregiate, Così splende il mio cor, così lampeggia, Ch' ei non invidia al del le stette sue, Benché sian tante, e voi non più che due. Come a'raggi del sole arde d'amore La terra e spiega la purpurea veste, Così a'vostri be'raggi arde il mio core, E di vaghi pensier tutto si veste. Quest'alma si solleva al suo Fattore, E ammira in voi di quella man celeste Le maraviglie, e dal mortai si svelle, 0 degli occhi del citi luci più belle. Rimiratemi voi con lieto ciglio, Del cieco viver mio lumi fidati • Siate voi testimoni al mio periglio E scorgetemi voi co' guardi amati: Chè fia vana ogni forza, ogni consiglio ; Cadrà l'empio e il fellon ne' propri aguati; E non che di pugnar con lui mi caglia, Ma sfiderò l'inferno anco a battaglia.
Nella Secchia v'ha un frizzo anche a'cruscanti, che il Tassoni avea combattuto nelle postille al Vocabolario, e più ancora a'poeti, amanti delle forme viete e antiquate. Lo stesso Conte di Culagna, giudicando che le parole, usate nel dugento, fossero atte sovra ogn'altra cosa a intenerire il cuor di Renoppia,
S'affaticava in trovar voci elette Di quelle, che i Toscan chiamano prette. 0, diceva, bellor dell'universo,
Ben meritata ho vostra beninanza; Chè'l prode cavalier cadde riverso, E perde l'amorosa e la burbanza. Già Var'iento del palvese terso Non mi brocciò a pugnar per des'ìanzaj