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Storia della Letteratura Italiana
Il Seicento
Bernardo Morsolin
Francesco Vallecchi Milano, 1880, pagine 170

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a cura di Federico Adamoli

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   EPOPEA. fi l1
   combattere i vizi del tempo, non dirà certo elie la u Secchia Rapita » difetti a d'uno scopo tinaie, ehe chiaramente si scerna ». Io vi scorgo invece una parodia di quanto l'autore avea già scritto ne' u Quesiti », ne' a Pensieri », nelle a Osservazioni sulle rime del Petrarca » e nelle a Filippiche »; vi scorgo una satira amara della vita cosi politica, come letteraria degli Italiani del secolo dccimo-sett'mo. Il fatto, impreso a trattare, è bensì antico; ma non privo perciò di una certa analogia con quanto si compieva nel secolo decimosettimo. Non occorre certo molto acume per riconoscere che le condizioni d'Italia, tratteggiate nella Secchia Rapita, si ripercuotono con rara evidenza su quelle dell'età del poeta. Ne' sospetti e nelle gelosie de' piccoli Stati, parte indipendenti e parte soggetti almeno indirettamente allo straniero, non mai d'accordo tra loro, ma sempre e-ìnuli e rivali, devoti a quella politica che strascinava irresistibilmente a rinfocolare i dissidi e a perpetuare la debolezza, v' ha qualche cosa chc ricorda, per non dir che ritrac il triste spettacolo delle gare e degli odi delle cento città , dilaniate dal doppio e contrario partito de' Ghibellini e de' Guelfi. « Tutte le altre nazioni, è detto nelle Filippiche, non hanno cosa più cara della lor patria, scordandosi l'odio e le inimicizie per unirsi a difenderla contro gli insulti stranieri : anzi, i caui, i lupi, i leoni della stessa contrada, del medesimo bosco, della foresta medesima, si congiungono insieme per la difesa comune : noi soli Italiani, diversi da tutti gli altri uomini, da tutti gli altri animali, abbandoniamo il vicino, abbandoniamo l'amico, abbandoniamo la patria per unirci con gli stranieri ». E dalla a Secchia Rapita » spirano, a chi ben la intende, i sentimenti medesimi delle u Filippiche » con la sola differenza che, ad esprimerli, lo scrittore si giova nelle une della forma oratoria, nell'altra della forma satirica. Anche il Foscolo pensava che il Tassoni u detestasse i reggitori stranieri d'Italia e desiderasse di presentare una viva pittura delle guerre civib e delle querele domestiche degli Italiani ». E nella idea che lo scopo finale della a Secchia Rapita » fosse la satira politica de'tempi del poeta, mi ravvalorano i frizzi lanciati qua e là eontro i Principi d'Italia e contro gli stranieri che la opprimevano con mano di ferro. Vi si pungono acremente Filippo III di Spagna e Mattia, imperatore di Germania, raffigurati l'uno in un re di stoppa, l'altro in un principe da nulla, bacchettone e ridicolo. Amare, come quelle dell'Alighieri e dell'Ariosto, sono le invettive contro il Papa e contro la corte di Roma, disposta sempre a combattere non gl'infedeli, ma i cristiani, e a collegarsi con gli stranieri a danno d'Italia. E frizzanti ugualmente, a chi abbia lette le lettere del Tassoni agli amici e le note alla Secchia sotto il pseudonimo del Salviani, sono le allusioni alle guerricciuole tra i Lucchesi e i Modenesi per certi confini della Garfagnana, e gli aiuti di quattromila fanti, mandati dal Medici di Toscana al Gonzaga in lotta col duca di Savoia. Il poeta non risparmia, a dir breve, nessuno. La Secchia Rapita ha il suo motto non solo per Modena e per Bologna, ma per tutte le città d'Italia: e nella satira contro gli antichi vi sono punti i contemporanei, che sciupavano il tempo, i denari e 1 ingegno in contese da nulla, immemori sempre e dovunque della schiavitù della patria.
   Accessorio allo scopo principale, ch'era quello di mordere la vita politica degl'Italiani, è l'altro di svelare, scherzando, i vari difetti della letteratura. In più luoghi e sotto diverse forme si rivela quella burla a'poeti contemporanei, alla quale il Tassoni si dichiarava con gli amici d'aver mirato per mezzo della a Secchia Rapita ». Che nella caricatura degli Dei dell' Olimpo intendesse il poeta a colpire l'abuso della mitologia , divenuto stomachevole nell'Adone, non sembrerà inverosimile a chi, oltre il contesto del poema, tenga d'occhio le note del Salviani. Della cavalleria e de' poeti che cantavano sul serio le imprese romanzesche, si ride, a modo del Cervantes, nelle giostre di Melindo , nelle fatature e ne'mostri dell' isola incantata. Si beffa de'manifattori di epopee a imitazione del Tasso ne' concili de'numi, ne' parlamenti e ne' lunghi discorsi degli eroi tra di loro. Nel Preti, che vi si qualifica