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CAPITOLO XIII.
della grazia coll'attività libera dell'uomo. Mentre Pelagio, per rialzare la dignità umana, negava ogni bisogno e ogn efficacia della grazia divina sull'azione meritoria dell'uomo, S. Agostino avea sostenuto la sentenza contraria, che tutto il merito delle azioni umane facea dipendere dalla grazia divina, la quale si dà a cui meglio le piace; e la sua dottrina fu per molto tempo accettata dalla Chiesa, fin tanto che S. Tommaso seppe trovare una formula di conciliazione, dicendo che la volontà coopera alla grazia, e che quindi il merito dell'uomo consiste nel-l'accogliere il favore divino e nel secondarlo (1
Nella perpetua altalena delle cose e delle opinioni, ora veniva la volta che contro la sentenza di S. Tommaso si ravvivasse quella di S. Agostino, e che contro l'opinione de logici e degli scettici risorgesse quella dei credenti e dei mistici; i quali portandola alle ult:me conseguenze dovettero dichiarar guerra alla Chiesa cattolica e far parte da sè stessi
Fra gl'Italiani cui parve questa la sentenza migliore ricorderemo prima un Pietro Cittadella da Padova che compiva nel 1542 un'opera cominciata un trentennio prima, De Dei gratin nella quale non solo ammetteva la giustificazione per la fede, ma anche negava 1 Purgatorio e quindi l'utilità delle u opere buone » smerciate da Roma, le indulgenze (2).
Anche Gaspare Contarini, fatto cardinale nel 1535, e che fu tra gli uomini più alti per intelletto e per virtù in questo secolo, inclinava apertamente alla sentenza che le virtù acquisite coli'abito sieno insufficienti a salvar l'uomo, e che la salute dipenda quasi unicamente dalla grazia ; e a questo concetto e al sentito bisogno di correggere i tant> abusi della Chiesa egli s'ispirò nel redigere il Consilium dclectorum cardinalium et aliorvm prcmlatorum de emendanda ecclesia, stampati a Roma nel 1538. Nel comitato dei nove, istituito da Paolo III due anni innanzi dietro suggerimento del Contarini, i fautori delle sue idee erano in maggioranza: e noi ricordiamo qui in ispeeie i nomi del Gjberti e del Sadoleto, il qual ultimo per un suo Commento all'epistola di S. Paolo a; Romani fu tacciato più tardi di consentire coi nformatori germanici (3). La stessa taccia fu data a Marcantonio Flaminio, spirito purissimo, che realmente ine ino per qualche tempo alle nuove idee, per la sua In psalmis hrevis expositio ('Yen. 1544), in ispeeie per il Commento al salmo quarantaeinquesimo; e del pari a Giovan Battista Folengo (fratello di Teofilo), autore esso pure d'una espose me dei Salmi.
Questa dottrina della giustificazione per la fede, quantunque avuta in un certo sospetto, fu tollerata dalla Chiesa fino a tanto che si sperò di ottenere in qualche modo una conciliazione coi protestanti. Ma allorquando, nella dieta ( Ratisbona (1541), tutv i suoi sforzi per trovare una formula conciliativa e mostrarono vani e la rottura divenne irremediabile, il Contarli.i e il suo partito, che rappresentava la moderazione e voleva si togliesse a protestant' ogni motivo di lamento colla correzione della d:sciplina ecclesiastica, si trovarono non solo abbandonati e screditai., ma anche sospetti di connivenza coi novatori e di favorir l'eresia. Allora prevalse il part;'o dei violenti con a capo il cardinale Caraffa, il futuro Paolo IV; e si fu più rigorosi nel giudicare le opinioni teologiche c nel punire chi osasse toccare l'autorità romana; e il 21 luglio del 1542 su proposta del Caraffa fu stituita la Congregazone del S. Ufficio.
Da quel momento l'Italia non fu più terra sicura per chi inclinava alle nuove idee; e quelli che v'erano favorevoli dovettero o adattarli al nuovo giogo spirituale, o migrare, o coraggiosamente sfidare le punizion ecclesiastiche.
Il Contarini, il Sadoleto, il Flaminio, il Giberti ed altr ancora si mantennero ligi a Roma e si schierarono tra i suoi difensori; Aonio Paleario che nel
(1) De Leva, Storia doc. ecc., Ili, 335-G.
(2) Quest'opera fu pubblicata sotto il pseudonimo di Pietro Italico e dedicata a Carlo V. Ve li : Da Leva, Op. cit., Ili, 412.
(3) Cfr. De Leva, Op. cit. Ili, 460.