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capitolo Siii.
chc nel De rege et tyranno consigli al re di carezzare il popolo (1); nel chc vediamo una nuova conforma della convenienza d'interessi tra il popolo minuto c la monarchia, e si spiega come i democratici fossero più facili degli aristocratici a convertirsi all'idea del principato.
IMambrino Roseo da Fabriano scrisse una Istituzione del principe cristiano (1549), in eli; la monarchia è difesa non solo come consentanea a natura, ma anche come voluta da Dìo; e l'apoteosi del principe foce G. B. Pigna nel suo lì bro chc appunto dal Principe s'intitola, scritto per Alfonso d'Estc e dedicato poi ad Emanuele Filiberto di Savoia, edito nel 15G1; nel qual anno uscivH pure un dialogo del Gualandi, dedicato già a Francesco II Sforza duca di Milano De op-timo principe. E per Emanuele Filiberto avea scritto De vita et regimine principia (1510) Gir. Gagnoli da Vercelli Infine G. B. Guarin l'autore del Pastor Jido, nel suo Trattato della pubblica libertà assumeva di dimostrare ai sudditi del granduca di Toscana, chc sotto un buon principe più si goda di libertà che sotto qualunque specie di repubblica, u Se le meno fave (diceva il Gnarini a re-v pubblicani) devon cedere alle più, voi non siete liberi, ma servi. E un trattato n diabolicamente sottile; e fa fede d'un .ngeguo rarissimo ed csercitatiosìmo nelle n questioni politiche (2) ».
Ma al grande monarca di Spagna e ai singoli principi d'Italia restava pur sempre sul vso un marchio vituperoso, però che i repubblican e malcontenti in genere rinfacciassero loro d' essersi fatto o d' aversi allargato lo stato colle iniquità, colle crudeltà, colle frodi, con le arti aisomma insegnate dal Machiavelli c dal Nifo; e molto importava che i principi rifiutassero ormai ogni corresponsabilità col loro antico maestro, dalla chiesa condannato come empio. Il bisogno era ormai tanto più vivo in quanto che per i principi d'Italia e d'Europa non si trattava più d'acquistare stati nuovi, ma di possedere tranquillamente gn antichi, e meno frequente era quindi la necessità polisca d offendere le nonne della morale privata; nel che si faceva ormai consistere il principale insegnamento del Machiavelli.
A questo bisogno dei principi provvide il piemontese Giovanni Botero, che già nel 1583 pubblicava il De regia sapientia, in cui dalla Bibl a volea desumere l'idea del vero re; e sci anni più tardi, nel 1589, con dottrina ed esperienza accrest 'ute, dettava la Ragione di Stato.
11 Botero è offeso dal sentir di continuo citare i libi, empì del Machiavelli o quelli di Cornelio Tacito, egli trova che il Machiavelli ha il gran torto di fondare la ragione di stato sulla poca coscienza e di ammettere chc alcune cose sieno lccitc per ragione di stato, altre per coscienza (3). Perciò nei diec* libri della sua Ragione esaminando lo stato in tutte le sue vicende e b:sogni, cerca di dimostrare ch'esso può ben governarsi colle norme della morale comune. Considera egli lo stato come d'istituzione divina, e i re qua/ rapprescntant' (Li Dio in terra; dal qual concetto viene ne suddi'i l'obbligo di obbedire ciecamente, e nei re di provvedere con prudenza. Nel libro secondo tratta a lungo della religione, dimostrando, d'accordo col Machiavell come essa t>ia il cardine dello stato, e come opportuno alla conservazione dei regni sia in ispecie il cr jtianesimo, il quale impone di obbedire ai signori anche d:scol Toccato nei libi terzo e quarto del modo in ci . 1 re si dee contenere per fars caro ai sudditi popolani e ai grandi del regno e della sua famiglia, viene nel quinto a discorrere del come si devono trattare g eretici: coni glia la mitezza coi miti; cogli osunat e violenti (quali i^ Calvinisti) non la violenza, ma l'arte d'indebolir i e tì avvilirli senza odiosità. E d'accordo col Machiavelli nel libro sosto nel consigliare le colonie come mezzo di difesa, ma egli vuole anchc le fortezze. Consiglia nel 1 bro settimo al principe
(1) Presso il Cavalli, op cit., I, 1''S.
(2) E. Camerini, I Drammi de'boschi e delle marine; Milano, Sonzogno, 1874, p. 1-1-5.
(3) Prefa7iono,