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CAPITOLO XII.
» suo proprio e trovato dal suo primo legislatore, gli fece mantenere l'acquisto(l) ». E altrove egli avea scritto: u Giudico poter esser vero che la fortuna sia ar-» bitra della metà delle azioni nostre, ma che ancora ella ne lasci governare l'altra » metà, o poco meno, a noi ». Fortunato è chi sa cogliere il momento, chi sa coni' prendere i tempi, e sa accordars con loro; sfortunato chi ciò non sa fare, u Io » giudico ben questo, che aia meglio essere impetuoso che respettivo; perchè » la fortuna è donna, ed è necessario, volendola tener sotto, batterla ed urtarla; » e s vede che s 1 lascia più vincere da questi che da quelli che freddamente pro» cedono. E però sempre, come donna, è amica de'giovani, perchè sono meno re» spettivi, più feroci, e con più audacia la comandano (2) ».
Con questo concetto del potere degli uomini feroci c impetuosi sulla fortuna, egli poteva nel terzo libro de'suoi Discorsi accingersi all'arduo insegnamento del rinnovare gli stati, o anche le religioni (le sette)', il qual modo consiste nel ricondurre gli uni e le altre ai loro principi, nel farle ritornare al segno : opera riservata ad alcuni cittadini di straordi:iaria virtù, come ad esempio Giunio Bruto ed altri, di cui si discorre ne'parccchi capi di questo libro. E l'autore è persuaso che ciò chc fu fatto in antico possa ripeEflsi a'suoi tempi.
Se questo è il concetto generale politico del Machiavelli, se questa è, come disse il Ferrari, la sua plastica dell'ambizione (3), la quale indifferentemente si rivolge al prìncipe e alle repubbliche pur mostrando per la repubblica sul tipo romano special simpatia, qual è invece il suo ideale rispetto all'Italia contemporanea ?
Egli ce l'ha già fatto intravedere ben chiaro nei Discorsi; ma più chiaro ce lo mostra ancora nel Principe. Egli sospira un forte signore che con tutti i mozzi, con quelli della virtù e con quelli della fraude, riesca a dare all'Italia l'unità, almeno l'unità materiale, che serva a cacciare gl stranieri. Nei Discorsi sull'arte della guerra, egli spiegherà poi quale sia il mezzo pi ci sicuro per il principe chc tenti mpresa sì alta; e nella I ta di Castruccio Castracani darà quasi in atto questo suo ideale del Principe nuovo.
u Ben considerato ... se al presente in Italia correvano tempi da onorare un » principe nuovo, e se ci era materia che dèsse occasione a uno prudente e vir-» tuoso a utrodurv' nuova forma che facesse onoro a lui e bene alla università » dogli uom'ii di quella » gli parve che nessun altro tompo fosse così opportuno come quello in ci egli viveva; e però senza perdersi in arcadiche.''e, ma studiando la verità effettuale della cosa (4), egli a questo Piinoipe insegna il modo di riusc 'e; e conchiude: «Non s deve, adunque, lasciar passare questa occasione, » acc occhè l'Itali', vegga dopo tanto tempo appai re in sè un suo redentore. Nè » posso espiimere con quale amore ei fussi ricevuto in tutte quelle provincie che » hanno patito per queste illuv oni esterne; con qual sete di vendetta, con che » ostinata fede, con che pietà, con che lacrimo. Q,uali porte se gii serrerebbono ? » quali popoli gli negherebbono la obbedienza, quale itv dia se g opporrebbe? quale » Italiano gii negherebbe l'ossequio? A ognuno puzza questo barbaro dominio (5)».
Nè minor fede nei des .ni d'Italia e di quel suo princ »e che sappia far armi naz ma'1', egli mostra nella conclusione del libro sull'Arte della guerra, dove, dopo aver detto amaramente per bocca di Fabriz ) Colonna: « Io m_ dolgo della natura » la quale o ella non mi dovea fare conoscitore <3 questo, o ella mi doveva fare » facilità a poterlo eseguire », soggiunge che non è da disperare delle sorti d'Italia, poiché u questa provincia pare nata per ì suscitare le cose morte, come s'è visto » della poesia, della pittura e della scoltura , . . Ed io vi affermo che qualunque
(1) Lib. Ili cap. 2.
(2) Del Principe, cap. 25
h) Op. cit., p. 261.
(4) Del principe, cap. 15.
lp) Bel principe, cap. uloio.