L' IDEA DELLA VITA PRIVATA NELLA STORIOGRAFIA. 269
prolilo dell'arguto, collerico, manesco popolano, il profilo di Benvenuto Celimi: il quale, accusato a .Roma da ceri suoi concittadini di far la corte al duca Alessandro de'Mediei, risponde col tuono di chi dice cose riconosciute dal senso comune: u 0 n isciocconi, io sono un povero orefice, il quale servo chi mi paga, e voi mi fate ìì le baje come se io fussi un capo di parte (1) n. Egli, antico fautore de'Mediei, trovandosi a Firenze nel 1529 mentre si prepara la difesa contro le armi imperiali mandate da Clemente VII, accorre in qualità di comandato a far il suo dovere di cittadino; ma rischiando poi di venir compromesso dalle lettere che un amico gli manda da Roma, diserta allegramente, come fosse la cosa più naturale del mondo (2\
Sensuale e quindi non sensibile troppo, qumdi mistico ma non troppo ntelli gente, egli procede nella sua vita per sùbite spirazioni, per sùbiti impulsi, per sùbite intuizioni. Vive soprattutto per l'arte, nella quale s: tiene supcriore a tutti, anche a quel divino Michelangelo ch'egli tanto ammirava; e per questo suo valore essenziale si crede libero da tutti gl';mpacci delle leggi (o): e di poter quindi stilettare i suoi avversari, far cornut. i suoi servitori infedeli, rubar l'oro in Castel Sant'Angelo e soldatescamente arricchire.
Ma il fondo della sua natura è buono: affettuoso col u buon padre » che lo perseguita colla fissazione di fargli suonare il cornetto, egli non lo è meno colle sei nipotine che la miseria d'una sorella gli getta nelle braccia. Libertino sempre e dappertutto, accusato a Parigi di sodomia, a Firenze di pederastia (4), egli che ama solo le donne, finisce, come molt: vecchi libertini collo sposare la serva, una Pietra di Salvatore Parigi, e ciò u per vivere nella grazia di Dio e per osservare li santi decreti della Santa Chiesa Romana (5) ;;
Tre altri notevolissimi personaggi del cinquecento ci hanno offerto il loro ritratto in una specie di autobiografìa: Girolamo Cardano milanese, e Luigi Cornaro e P. Paruta veneziani.
Scrisse il Cardano una vera e propria autobiografia (6), dove con una schiettezza, o cinismo, ammirevole ei narra tutti i suoi vizi e tutte le sue virtù, le sue disgrazie e le sue fortune, intento sempre, da buon medico e filosofo, a cercar la ragione dell' indole propria nelle condizioni della sua nascita, ^nella mala educazione dei primi anni e nelle sue special condizioni fisiologiche. È un lavoro pieno d'attrattive per il filosofo e per il fisiologo, quantunque desi' nel lettore non pochi dubbi sulla sua sincerità, specialmente per la ragione che dati offertici dall' autore non basti no a darcene pieno ed intero il carattere.
Mentre l'autobiografia del Cardano ci dà un quadro ben fosco della vita mostrandoci uno dei nostri più originali pensatori travolto nelle orgic e nelle stranezze, dominato da vane superstizioni e da presunzioni puerili, i tre Discorsi di Luigi Cornaro sulla vita sobria, nei quali l'autore vecchissimo, colla esposizione della vita propria, vuole inspirare agli altri l'amore della sobrietà, e cacciare d'Italia la peste nuova della crapula, ci offrono un quadro invero confortante. Aveva egli menato vita dissipata fin dopo il trentacinquesimo anno, quando alfine messo il cervello a segno lasciò lo stravizio, fece vita ritiratissima, tutto consecrandos alle lettere, agli amici e alla sua Venezia, che seppe render più forte consigliando molti scavi nell'estuario, più ricca diffondendo i buoni metodi agricoli e bonificando terreni paludosi. Confortato dalla moglie Veronica e da ben undici nipoti figli d'una sua sorella passò egli contento e operoso la vita, prodotta fino al novantottcsimc anno in
(1) Autobiografìa, lib. 1, cap. 89.
(2) I, 42.
(3) A Paolo III egli mette in bocca le celebri parole: « sappiate che gli uomini come Benvenuto, unici nella lor professione, non hanno (la essere obbligati dalla legge » (I, 74).
(4) Sonetto XIII, e Autob. II, 61.
(5) Ricordo XVI, in appendice all'Autobiografia.
(6) De vita propria, nel tomo primo dalle Opera omnia, Lugduni, 1603.