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Storia della Letteratura Italiana nel Secolo XVI

U.A. Canello
Francesco Vallardi Milano, 1880, pagine 327

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   L' IDEA DELLA VITA PUBBLICA NELLA STORIOGRAFI A.
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   desiderare i buoni. Deplora il tentativo dei vinti di Montemurlo , ricorda il matrimonio del duca con una Toledo e augura che dalle illustri nozze nasca chi non solo sia u duce d'Ausonia ma anche u sacris romanum qui regat orbem »;uno insomma che riunisca il temporale e lo spirituale, e governi da Firenze 1' Italia, e da Roma il mondo cattolico. Era questo il concetto che naturalmente dovea vagheggiare un antico servitore di Clemente VII, servitore attuale di Cosimo, amante della libertà e grandezza d'Italia, ma non abbastanza folte e libero d'animo per roluttare alla palliata servitù austro-spagnuola.
   Mentre il senatore Filippo Nerli, ne' suoi Commentari de' fatti civili occorsi nella città di Firenze dal 1215 al 1537 (1) fa una continua e vigorosa apologia de'Medici, un'equa via di mezzo tentano di battere Bernardo Segni e Benedetto Varchi.
   Bernardo Segni (2), nipote per lato materno di Niccolò Capponi, gonfaloniere della repubblica nel 1527, oltre una vita o meglio un elogio dello zio e del suo gonfalonierato, dettò anche le Storie fiorentine (3) che vanno dal 1527 al 1555, cioè alla presa di Siena. Religioso e moderato, accetta ormai il governo de'Medici, che reputa molto migliore di quello degli arrabbiati repubblicani i quali aveano combattuto il Capponi. S' adombra tuttavia degli Spagnuoli, de' quali Cusimo 3Ì circonda e si giova. Allarga il suo racconto alle cose d'Italia, e tenta di tanto in tanto di salire a considerazioni di filosofia politica, pur non riuscendo che a plagiare il Machiavelli. Così noi proemio del libro ottavo troviamo ripetute le osservazioni del Segretario fiorentino sulle congiure, e in quello del quindicesimo, ch'è l'ultimo, la teoria del moto circolare perpetuo degli stati.
   Bernardo Varchi (4) scrisse la sua Storia fiorentina (5) per commissi me di Cosimo, e coll'aiuto di molte fonti ufficiali e private, tra le quali ultime sono a ricordare le lettere del Busini. D'indole bonaria e piuttosto schietta, non rinnegò le idee e le aspirazioni della sua giovinezza, quando da spettatore più che da attore si trovò in mezzo agli entusiasmi repubblicani del 1527-30; ma seppe trovar modo di metterle in armonia colla sua gran devozione di poi per il governo di Cosimo. Egli taccia d'anarchico l'ultimo periodo della repubblica fiorentina, e di tirannide il governo del duca Alessandro (6). Inclina a lodare il fatto di Lorenzino ; e ad ogni modo gode che così sia stata preparata la via al figlio di Giovanni, Cosiniino. In lui egli vede effettuarsi per buona parte l'ideale del Machiavelli (del cui ingegno si dichiara ammiratore, pur biasimando la vita); ed è persuaso come il Machiavelli clic u mai le fatiche e gl' infortuni d' Italia non cesseranno infino n (poiché sperare da'pontefici un cotal benefizio non si dee) eh' alcuno prudente e n fortunato principe non ne prenda la signoria (7) r>. La sua narrazione, che doveva, secondo le prime intenzioni, andare solo dall'ultima cacciata de'Medici nel 1527 al loro definitivo ritorno nel 1530 o tutto al più fino al 1532, quando il duca Alessandro fu solennemente investuo della Signoria, e fu poi condotta fino ad alcuni fatti del 1537 e 1538, procede molto ineguale, ora troppo ristretta e man-
   (1) Furono pubblicati scio nel 172S a Firenze, colla data di Augusta. Il Nerli nato nel 1485 mori nel 155U.
   (2) Morto nel 1558.
   (3) Edite solo nel 1713. Noi abbiamo sott'occhio Tedisione di Milano, 1805, in tre volumi.
   (4) Nato nel 1502 e morto nel 15G5.
   (5) Abbiamo sott'occhio l'edizione di Milano 1803 in cinque volumi.
   (6) Proemio.
   (7) Libro II (voi. I, p. 58). — Cogliamo questa occasione per rettificare quanto abbiano detto nella nota (2) della p. 41. Il V'archi narra la storiella che il iVIachiavelli morisse di dispetto per vedersi posposto al Giannotti, come un « si dice e si crede ancor oggi »; ma più innanzi soggiunge che tutto ciò è impossibile e quindi falsissimo, per esser morto Niccolò prima del Tarugi « e conseguentemente innanzi che fosse eletto all'uffizio del segretariato il Giannotto ». (Voi. I, p. 211 dell' edu citata). È chiaro poi che la fonte del celebre « si dice » sono le lettere scritte al Varchi dal Busini (Ediz. di Firenze 1861, p. 84 seg.); il quale, b.nché fosse a Firenze :;el 1527, dovette aver la memoria oscurata dai rancori politici, quando poi tra il 1548 e il 1564 dava all'amico la relazione di quei fatti già vecchi.