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Storia della Letteratura Italiana nel Secolo XVI

U.A. Canello
Francesco Vallardi Milano, 1880, pagine 327

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a cura di Federico Adamoli

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   s.
   256 CAPITOLO IX.
   che era allora di molti e che il Machiavelli più netto degli altri avea formulato nel suo Principe.
   Ma ciò non è tutto. A Firenze per un notevole anacronismo sussisteva ancora in pieno secolo XVI una repubblica schietta italiana, la quale appunto nel nostro periodo combattè le ultime lotte contro il regime del principato, c soggiacendo vide profondamente modificati i suoi ordinamenti intcriori, cosicché la vita politica era qui doppia, e riguardava non solo i rapporti cogli altri stati d'Italia c di fuori, ma anche quelli tra le diverse classi dirigenti del suo governo. E parallela alla sua definitiva evoluzione di repubblica in principato si effettua 'un'altra evoluzione politica che riguarda i rapporti col di fuori. Firenze repubblica fu per eccellenza guelfa, esclusivamente guelfa: tanto che a più riprese cacciò, anziché assimilarseli, gli antichi feudatarii di razza germanica o altra, ghibellini. La velata signoria di Cosimo, di Piero e di Lorenzo era #ià un avviamento a una politica contraria: i Medici erano venuti su favoreggiando la plebe, in opposizione alla grassa borghesia guelfa, spadroneggiante dopo cacciati definitivamente i ghibellini: e quest' opposizione creava di necessità un partito che per intendimenti si accostava al ghibellino antico. Ed ora nelle tumultuose vicende dei primi trent anni del secolo si videro i Medici ricondotti a Firenze nel 1512 dal viceré Cardona; c ristabilitivi definitivamente nel 1530 dalle armi imperiali, mentre la democrazia repubblicana invano aspettava soccorsi da Venezia e dalla Francia. E il protettorato imperiale c spagnuolo li protesse d'allora in poi da'precipizì e insieme ne aumentò il dominio e l'influenza nelle cose d'Italia. In Firenze, pertanto, s'è avuto non solo un mutamento neg1! ordinamenti interni dello stato, ma anche un radicale mutamento nell'indirizzo politico: l'antica città guelfa diventava un principato ghibellino. Se ben si guarda, nessun'altra città ha sostenuto in questo periodo di tempo altrettanti e coiai profondi mutamenti, nessuna città, vale a dire, ha vissuto politicamente tanto quanto Firenze. E conseguenza ne fu che Firenze avesse una serie di storiografi e, come vedremo, di scrittori di politica, quale non può vantare nessun'altra città o regione italiana.
   Esaminiamone in breve il valore, cominciando da quello che sovra gli altri come aquila vola.
   Niccolò Machiavelli tione, a nostro giudizio, un altissimo posto anche come storico, come quegli che, non contento di darci una narrazione delle cose fiorentine e italiane, nella quale si notassero i nessi segreti de'fatti, e gli umori dei popon e i caratteri de'principi o de'capi del popolo, attratto dall'indole del suo ingegno, volle scoprire le ragioni universali di tutta la storia d'Italia e vedere che parte in quel grandissimo dramma fosse dalla economia delle forze naturali assegnato a Firenze.
   Nel primo libro delle sue Storie fiorentine (1) egli scorre, a iguitì d introduzione, la storia d'Italia, dalla caduta dell'impero d'occidente sino verso la metà del secolo XV, tenendo gli occhi fissi in ispecie, non già sul rinnovarsi di tempo in tempo dell'ideale e delle costituzioni imperiali ma sullo sviluppo della potenza politica dei papi romani, nei quali vede continuarsi o ravvivarsi il massimo nucleo di forza politica italiana. Ma i papi, egli nota con dolore, u ora per carità della r> religione, ora per loro propria ambizione, non cessavano di chiamare in Italia umori nuovi, e suscitare nuove guerre; e poiché eglino aveano fatto potente » un principe se ne pentivano, e cercavano la sua rovina, né permettevano che » quella provincia, la quale per loro debolezza non potevano possedere, altri la » possedesse (2) ».
   Ma se i papi non sono riusciti a riunire l'Italia e a farsene forti, preoccupati com'erano da interessi non politici, non c'era in Italia un altro stato; non c'era,
   (1) Finite nel 1525, e dedicate al cardinale Giulio de'Medici, per commissione del quale le avea scritte. Furono edite la prima volta nel 1531.
   (2) Opere complete, Napoli, 1878 ; I, 11.