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CAPITOLO IX.
Fra gli altri storici genovesi o di cose specialmente genovesi ricorderemo Pietro Bizzarri, autore d'una Storia di Genova dal 1573 al 1579; Carlo Sigonio, che se-risse una vita di Andrea Doria, e I. IL Campanacci che narrò la Congiura del Fiesco.
Se passiamo all'altra estremità d'Italia, a Sicilia e a Napoli, scarsa troviamo 1' istoriografia per le ragioni stesse che scarsa la vedemmo a Milano : il centro dell'attività politica del Regno è fuori del Regno stesso, in Aragona o in Francia.
Per la Sicilia abbiamo solo a ricordare le due decadi De rebus siculis di Tommaso Fazello (Palermo, 1558) ; mentre meno scarsi sono gli storiografi di Napoli o napoletani.
Angelo Di Costanzo (1), per consiglio del Sannazaro e del Puderico, volle tentare una storia antica del Regno (2), dalla rovina degli Svevi in poi, servendosi per i tempi più antichi di tutte le cronache e dei documenti originali che potè avere a mano, e per i tempi più vicini della testimonianza in ispecie del suo Puderico. E storia sincera, scevra da preoccupazioni politiche; ma scarsa anche assai di politica intelligenza. 11 Costanzo (che avea cominciato il suo lavoro sino dal 1527) condusse la narrazione fino ai prodromi della calata di Carlo VIII (1489), avvertendo che i tempi posteriori erano ormai bene illustrati dalle storie del Guicciardini e del Giovio; e la dedicava a Filippo II.
Per consiglio del Giovio si accinse a rifare drammaticamente e pur diplomaticamente un periodo di storia napoletana e italiana del regno di Ferdinando Camillo Porzio (3) che pubblicò nel 1565 la Congiura de'Baroni (4) napoletani, insofferenti delle ambizioni di Alfonso duca di Calabria, tramata nel 1485, e spenta colle armi e cogl inganni nell'anno seguente. E narrazione imparziale, che rivela non comune intelligenza dello svolgimento politico d'Europa, come appare specialmente sul fine ove si ricorda come le pretese dei baroni all'indipendenza fossero contemporaneamente contrastate dalla regalità non solo nel Regno e negli stati romani, ma anche in Francia. E l'autore, eh'è pure barone e feudatario, ha tanta onestà da riconoscere i diritti de' re e i benefici della loro imparziale superiorità; anzi egli scrive la storia di quella congiura u acciocché i viventi d'ora « nel Reame, moderati dal presente giusto imperio, riguardino quale fusse l'inso-» lenza di quegli antichi signori del Regno (i baroni), in maggior parte causata » dal continuo esercizio nell' armi (5) ». Severo coi grandi del Regno, egli non per questo nasconde o attenua la colpa dei re; e nella perfidia di Ferdinando e nella impetuosità del duca di Calabria suo figlio vede una delle cause principali della rovina della casa aragonese.
Con pari equità e intelligenza politica, se non con eguale potenza drammatica, scrisse più tardi il Porzio una Storia d'Italia dal 1544 (pace di Crespy) al 1547 (6), nella quale egli naturalmente più a lungo s'indugia sui fatti del 1547, cioè alla congiura del Fiesco, alla rivolta napoletana, e all'assasinio di P. L. Farnese. Fautore della politica imperiale, egli sa tuttavia far giustizia a chi tentava ancora d'opporvisi. Nella congiura del Fiesco sa mettere in evidenza la connessione materiale c ideale di questo moto colle aspirazioni alla indipend.enza nazionale sotto la protezione di Francia. Nel narrare la rivolta di Napoli, egli ricorda le benemerenze del viceré Pietro di Toledo , che avea purgato il regno dai briganti, a tutti aveva assicurato giustizia, proteggendo in
(1) Nato nel 1507 e morto nel 1591.
(2* I primi otto libri uscirono nel 1572, i rimanenti nel 1581.
(3) Nato nel 1526 e morto nel 1603.
(4) Abbiamo soit.'occhio le Opere di C. P., per cura di C. Monzani; Firenze, 1810.
(5) Libro lì, cap. 5.
(6) Vedi le Opere citate. Di questa Storia d' Italia C. Monzani scoperse e pubblicò nel 1855 un facondo libro che dal 1547 va fino al 1552.