L' IDEA DELLA VITA PUBBLICA NELLA STORIOGRAFI A.
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di comunicargli le carte di stato. Il vero è che il Bembo cinese prima invano i Diari del Sanudo, ma che più tardi li ebbe e dall'autore stesso finché visse (1536) e poi dal senato veneto che n'era il depositario (1). E noi dobbiam dire che il Bembo non aveva nè fibra d'uomo politico, nè mente abbastanza acuta da meditare e comprendere i destini de'popoli, ; e che a questi difetti non rimediava iu lui, come in altri scrittori, un ardente patriotisnio: e che quindi la sua storia appare, com'è, una composizione di pura forma, un'opera di apparato.
Per commissione del senato, ma con animo e con mente ben diversa, scrisse la storia di Venezia Paolo Paruta (2), ch'è l'autore in cui meglio s rivelino tutti i pregi e tutti i difetti della politica veneziana. La sua narrazione, continuando quella del Bembo, va dal 1513 al 1552, ed è tutta un encomio della saggezza e fortezza del veneto senato, il quale avea saputo sostenere le forze de' congiurati di Cairibray, e mantenere ad onta della lunga e disastrosa guerra, intatto l'antico prestigio. Una grandezza così antica e così ferma ha preoccupato a lungo la inente patriotica del Paruta; il quale, quasi a proemio della storia, ha succintamente esposto il proprio pensiero sui destini di Venezia, sbozzando una specie di filosofia della sua storia.
Secondo il Paruta, Venezia è destinata a rinnovare la storia di Roma. Posta di mezzo all'impero d'occidente e a quello d'oriente, ella deve raccogliere la gloria d'entrambi. Questo splendido destino s'era visto gravemente pericolare nella seconda metà del secolo XV per l'avanzare de' Turchi e nella prima metà del secolo XVI per la rinnovata potenza dell'Impero. Ma tanta è la fede dello scrittore nei destini della patria ch'egli non si perde d'animo ancora; e cerca di mostrare come Venezia non avesse nessuna colpa in questi due grandi rovesci. Fu caso imprevidibile, egli dice, che la via d'oriente fosse in quel modo preclusa; fu la troppa modestia del senato veneto che gl'impedì di maggiormente estendere il proprio dominio sulle terre d'Italia e dell'impero, nel corso del secolo XIV e XV, quando esse erano governate da debolissimi vicari. Sfugge al patriotico Paruta, che il difetto fondamentale di Venezia sta nella mancanza di una tradizione storica la quale la chiami a ereditare dai Roman il mondo e l'Italia; il patriotismo quasi cieco gli nasconde che, se Venezia si fosse prima estesa nelle provuicie taliane, non avrebbe avuto probabilmente il vigore di estendere o di difendere i suoi interessi in ordente; e che in tutto ciò la modestia non c'entra per nulla, e se non fu fatto, gli è che non s'è potuto fare. E così egli può tranquillamente conchiudere: u Ma tuttavia si mantengono con molto vigore l'armi, i costumi, le leggi ;> di questa ricca et florida repubblica; i Fati un giorno a cose maggiori le apri» ranno la via (3) ».
Ma, a parte questo eccessivo patriotismo, la sua storia l'vela di continuo l'uomo esercitato nelle cose pubbliche, che conosce i fatti non solo del suo paese, ma quelli d'Europa tutta, le cui vicende egli chiaramente intreccia alla storia di Venezia.
Gli stess-i pregi ai trovano anche nei suoi tre libri dell'tìistoria della guerra di Cipro, che narrano dei fatti di Venezia e d'Europa e d'Asia dal 1570 aì 1573,
(1) Già l'il luglio del 1531 egli scrive al nipote Giammatteo Bembo d'aver ricevuto il libro del Magn. Sanudo, mentre la storia era solo al quinto libro, e fino dal settembre del 1531 il Sanudo. ad istanza del senato, gliene aveva offerto la ispezione (Vedi i citati Ragguagli, III, 320-2). Nel 153G poi il Bembo scriveva: « Quanto alla istoria, io son nell'ottavo libro, e ho scritto la rotta datane da Lodovico » re di Francia in Jeradada, e sono alquanto più avanti. De'libri del Sanuto piglio utilità non poca, » in quanto ho pur quasi tutte le cose e i tempi loro, che leva fatica. Ma de le vere cause de le cose » e di fuora e nella Patria convengo cercare altrove, che iu lui poco si vede di momento e di giudizio. » I suoi libi sono ora nel consiglio de' X, però sempre ne averò quanti vorrò, siccome aveva da lui ». Lettere di M. Pietro Bembo, Verona, 1743; V, 193 e 209
(2) Nato nel 1510 e morto nel 1590. L'ufficio di storiografo gli fu affidato nel 1576. — La sua storia la parte della Collezione Degli Istorici delle cose veneziane, tomo III e IV, Venezia 1718,
(3) Libro I (Degli Istoricir ecc., III, 3).