L' IDEA DELLA VITA PUBBLICA NELLA STORIOGRAFI A.
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cipi: essi entrano anche a narrare le rivoluzioni sociali e a mostrare in esse le molle segrete delle guerre e delle paci esteriori. Ciò che prima per norma era slegato, ora si rannoda: i fatti, nella narrazione, non solo si succedono, ma anche l'un l'altro i. generano; siamo nell'età della elassazione dei fatti politici; all'età della storia, secondo la più volgata accezione.
Pure v'è già taluno a cui lo scoprire le cause prossime d'ogni avvenimento, e i nessi della cabala politica, e i segreti dei movimenti popolari non basta; ma tenta d'abbracciare d'un solo sguardo tutta la stoiia degli stati civili, di ricavarne le leggi genera) dello sviluppo e della decadenza, e al lume di quelle rischiarare qualche storia speciale, o ritrarne anche qualche profetica scintilla. — Ma poiché le nformazioni sul passato non sono ancora sufficienti, nè adeguate quelle su: fatt del tempo; poiché la sapienza degli storici antichi è ancora più ammirata che intesa: i pochissimi che presentono e tentano questa nuova via sono naturalmente minacciati di continuo da filosofiche vertigini.
Non dovendo noi dar qui una storia dell'arte di scrivere la storia, ma l'esposizione del concetto della vita pubblica quale si rileva negli scrittori di storie, anziché dividerli nelle tic classi accennate, che potremmo chiamare de' cronisti, degli storici politici e dei filosofi della storia, li partiremo a seconda del concetto che nelle loro opere si rileva; e nella storiografia delle singole regioni e in quella di tutta Italia cercheremo lo spirito pubblico dei diversi stati nei diversi momenti delle gran-fi trasformazioni, alle quali nel primo capitolo li vedemmo soggetti. Parleremo prima degli storici veneziani, poi dei milanesi e dei genovesi; e passando quindi all'altra estremità d'Italia diremo dei siculi e dei napoletani, tutti consultando sul loro pensiero rispetto alla patria speciale, alla patria generale, e a tutto il mondo cristiano e civile. Cura particolare daremo infine agL storici fiorentini, clic per norma abbracciarono anche le cose politiche di Roma, cercando di spiegarne l'abbondanza e il valore. Detto infine qualcosa degli storici speciali di Roma, in quanto è sede del papato, aggiungeremo qualche notizia su quelli che si sono occupati di storia non italiana, europea ed universale.
Qual notevole parte avesse enezia nel nuovo assettamento d'Italia nel cinquecento fu già da noi altrove mostrato; qui giova solo ricordare che l'attività sua, dalla formazione della lega di Cambray in poi, fu più che altro di re -stenza: ispirata a un vivissimo ma ristretto patriotismo veneziano, e non a un grande sentimento di nazionalità o di civiltà; e che le sue tendenze espansive del principio del secolo riguardavano con indifferenza all'oriente e all'occidente, cosicché l'Italia avea per la politica veneta lo stesso valore della Grecia o di altra regione che ella potesse attrarre entro l'orbita propria. Questa universalità da un lato e questo restretto patriotismo dall'altro, sono anche i caratteri della sua storiografia, la quale, rivelandoci lo spirito della politica veneta, ci spiega un'altra volta perchè Venezia non potesse, come temevano tanto i Fiorentini, farsi capo e signora d'Italia.
Uno de' più belli e caratteristici monumenti storici di Venezia sono le JRe-laz jni (1) de' suoi ambasciatori, che sagaci e solerti, spargi per l'Italia, per l'Europa, per il mondo, investigavano gli umori politici e ne informavano il patiio senato. Queste Relazioni (dice il Settembrini) u sono la mente di Venezia che con n gli occhi de'suoi ambasciatori guarda e contempla tutto il mondo, va scrutando
(1) Furono pubblicate in quindici -volumi da Eugenio Albérì, per commissione d'una società promossa da G. Capponi. Diversi dalle Relazioni (rapporti orali o scritti fatti al senato dopo compiuta 1 ambasceria) sono i dispacci che l'oratore mandava di giorno in giorno al magistrato de'Dieci ; e questi dispacci, che come fonte storica immediata hanno spesso maggior valore del le Relazioni, cominciano anch'essi a vedere la luce. Rawdon Brown diede line dal 1854 una Selection of despatches wriiten by the venetian Ambassador Sebastian Giustinian (Londra), a illustrazione della vita e della politica, alla corte di Enrico VIII ; e il nostro Villari pubblicava nel 1876 tre bei volumi di dispacci mandati da Roma tra il 1502 e 1505 da Antonio Giustinian (Firenze, Le Mounier).
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