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Storia della Letteratura Italiana nel Secolo XVI

U.A. Canello
Francesco Vallardi Milano, 1880, pagine 327

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a cura di Federico Adamoli

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   saggi di dramma filosofico. 231
   Il Giraldi nell'Orbecche (1) aveva anch'egli tentato dì trasportare fra noi l'idea del fato greco, concepito come nemesi, che punisce presto o tardi ogni più piccolo fallo; ai tìgli fa scontare le colpe dei padri:
   Ohe come il mal non è senza la pena Così non è senza mcrce.de il bene, E avvien sovente, che gli altrui peccati Passino in fino ai figli ed a' nepoti, E del paterno error portan la pena (2).
   Orbecche, che per aver sposato in segreto Oronte, viene terribilmente punita dal padre, sconta così la colpa d'aver rivelate le vergogne dell'adultera Selina sua madre. Ma il nesso fra questi due fatt (che forse non era impossibile dimostrare, giacche una figliuola cresciuta alla scuola precoce di tal madre, difficilmente sarà poi savia fan» ;ulla) resta tutto esterno e posticcio ; e la tragedia ò tanto mal fatta, che fi stenta a capire come i nostii sun+ di letteratura la cìcino tra le poche degae di memoria.
   L'intuito della vera tragedia che mancava sia al Tasso che al Giraldi, si vede invece nello Speroni, nel Dolce 3 nell'Aretino: un intuito, s'intende; e niente di più.
   Nella Canace (3) dello Speroni si espone come Eolo re dei venti dalla ninfa Dcjopea, regalatagli da Giunone- in premio della tempesta suscitata in danno di Enea, ha avuto due gemelli, un maschio ed una femmina. Essi crescendo insieme, dietro l'esempio di Giove e Giunone, si sono amati; c sul cominciar del dramma Canace sta per sciogliere « il grembo doloroso ». 11 padre, che di nulla sospetta, è al colmo della felicità per il buon andamento del suo regno e della sua famiglia; ma come ora egi- esagera nel considerare la propria fortuna, così ben tosto egli esagererà nel considerare la propria vergogna e il danno, sapendo del turpe amore dei figli. Furibondo, egli dà subito ordine che si uccida la figlia e il frutto del suo peccato; ma poi, calmatos alquanto, vorrebbe salvare almeno il figlie Ma-careo. Troppo tardi: questi si è ucciso sul corpo della sorella. Così si compiva contra Eolo la vendetta di Venere, indignata per i danni d'Enea. Ed Eolo, alla sua volta, si propone allora di vendicars: di Venere, nfestando coi venti il dolce paese di lei, l'Itaìia.
   In questa tragedia, che ha le movenze e la dicitura del nostro melodramma, tutta l'azione, a prima vista, sembra motivata dal di fuori, dalla vendetta di Venere. Eppure non è : il carattere di Eolo, quale lo Speroni 1' ha dipinto, ò altamente tragico, è anzi esso la causa prima di tutta la catastrofe. Eolo e un vero re dei vent e (ci s. perdoir il bisticcio) re veramente sventato. Imprudente, non ha considerato che : due figliuoli, vivendo solati nella sua reggia, con davanti i poco casti esemplari d'Olimpo, coll'ira d Venere sul capo, sarebbero naturalmente caduti. Facile alla gioja, egli è ancora più facile alla disperazione ; e pur nato l'incesto e distruttone il frutto vergognoso, egli avrebbe potuto salvare i figliuoli, o almeno Macarco ; ma l'ira gli ha tolto il lume della ragione ; il suo impeto 1 ìa perduto. Egli è rapido al direi e al fare, come l'Edipo greco; e, come 1' ] lipo, piomba nell' abisso dei mali. I fati, cioè 1' ira di Venere, certamente lo perseguitano; ma egl. contribuisce non poco a provocarli coli' opera propria. A differenza di Tornsmondo e di Orbecche, egli ha un carattere.
   Lo stesso vogliamo affermare dell' Erode nella Marianna (4) di Lodovico
   (1) T. A., voi. quarto. Fu composta in due mesi, e pubblicata nel 1541 (Dedica al duca Ercole II di Ferraraì.
   (2) T. A., IV, 128.
   (3 ' A.., voi. IV. La Canace era già scritta nel 1542 ; ma fu poi ripetutamente corretta. lj T. A., voi V. L'edizione principe è del 1565. I] Dolce ha scritto altre sette tragedie, sei della quali imitate da Euripide e Seneca; ma nessuna è da paragonare alla Marianna,