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Storia della Letteratura Italiana nel Secolo XVI

U.A. Canello
Francesco Vallardi Milano, 1880, pagine 327

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a cura di Federico Adamoli

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   222
   capitolo sesto.
   avrebbe voluto ad ogni modo salvarla, e che non credeva dovesse prendere il veleno così presto, è ridicolo; e Sofonisba, che non ama molto nò Siface, nò Mas-Hiniàsa, nò la patria sua, ma apparisce cieco strumento del senato cartaginese, il quale 1 'ia data prima, contro i patti, a Siface, per averne l'alleanza, e ora certo la darebbe per la stessa ragione a Massinissa; Sofonisba, che si dà la morte, più che altro, per salvare il suo decoro di donna e di regma, ci lascia freddi gelati. Il contrasto drammatico imaginato dal Trissino è tutto tra la fatale prepotenza di .Roma, rappresentata dal savio e pio Scipione, e l'amor proprio d'una donna già regina. Spunta in lei talvolta un sentimento più alto, come allorquando nel conoegnare il figlioletto ad Erminia ella dice:
   Ed esso alleverai di tal maniera
   Che jia forse restauro a la sua gente (1).
   Ma il poeta, fautore, come vedemmo (p. 129), dell'idea imperialista, è troppo preoccupato in favore di Roma e di Scipione per poterci presentare Sofonisba sotto aspetto migliore; anzi a Sofonisba stessa egli fa dire in un altro luogo, dov'olia si licenzia dal coro delle sue donne:
   Donne, io vi lascio; e in man d'altro Signore
   Che con miglior fortuna
   Forse governerà questi paesi (2).
   Nel Trissino, insomma, oltre una forte concezione e un'adeguata rappresentazione drammatica, si desidera specialmente quella equ.tà superiore, che mostra i torti e i diritti di ciascuno; e là, dove . volgari non scorgono che colpe, add ';a il contrasto di forze morali, tutte legittime ; e nobili e però miserabile errori.
   La stessa equità si desidera anche nella Rosmonda del Rucellai (3), la quale tuttavia ri fa leggere con maggior interesse sia per la vigoria della frase e del verso e sia per una certa libertà con cui l'autore rimaneggia il fondo, storico o leggendario che sia, offertogli da Paolo Diacono.
   Secondo la liusmonda del Rucellai, Albo^io scende n Italu, e la conquistaI forte dell'ajuto dei Grepidi e del loro re Cunitnondo. Ottenuta l'Italia, Alboino vuol disfarsi dell'incomodo compagno e ne d -trugge l'esercito in una gran battaglia sull'Adige. Il dramma comincia dopo questa battaglia. Alboino, nuovo Creonte, ha proibito che s dia sepoltura al cadavere di re Cunimondo; egli, come 1 principe del Machiavelli, è persuaso che per fondare regni nuovi occorra passar sopra ad ogni iguardo di umanità e sopratutto fari : temere. Rosmonda, novella Antigone, si propone di pagare, in onta ai divieti del tiranno, 1 tributo d affetto filiale a re Cunimondo: e ne va cercando il cadavere. sorpresa e condotta al re; il quale da barbaro vero vorrebbe prima farla morire e poi un po' dalla \bidine, un po'dai consigli accorti di un suo ministro, il quale g.» mostra i vantagg <3 raccogliere in sè i diritti lega] al regno de' Grepidi, si lascia peisuadere a sposare Rosmcnda„ Rosmonda si rifiuta alle prime; ma poi *i si adatta come a male minore. Si fanno subito le nozze, e il famoso banchetto. Rosmonda giura vendetta; ed ecco giunge opportuno a compierla un suo fido amante, il quale travestito da donna può avvicinarsi ad Alboino ed ucciderlo Ed ora, dice il coro:
   Ciascun che regge impar;
   Dal dispietato re che morto giace
   (l) 'x A., I, 129,
   (8) Ib , 12'i
   (3) T. A., voi I. La Uosmonda fu rappresentata la prima volta a Firenze nel 15ià.