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Storia della Letteratura Italiana nel Secolo XVI

U.A. Canello
Francesco Vallardi Milano, 1880, pagine 327

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a cura di Federico Adamoli

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   la lirica amorosa.
   215
   al di là del Mediterraneo, all'impresa di Tunisi, ed ora in Fiandra alla corte di Carlo Y. I suoi versi, quindi, scritti per Porzia viva, non meno di quelli scritti per lei morta, sono improntati di una dolce mestizia o d'un vivissimo affetto.
   Sulle coste dell'Africa, di fronte alle rovine di Cartagine, egli poco si lascia trasportare dai grandiosi ricordi storici del luogo; pensa invece alla sua [Porzia:
   Sacra ruina, che'l gran cerchio giri Di Cartagine antica; ignude arene, D'alte memorie e gloriose piene, Di cui convien, di'ancor la fama spiri ;
   Ascoltate pietose i miei sospiri, Che manda il cor alla sua dolce speme, Mentre qui Marte sanguinoso tiene Lungi da' suoi be'lumi i miei desiri.
   Imparate da me d'arder d'amore Di pianger notte e dì l'alto diletto E del proprio martir far cibo al core.
   0 sola, e di quest'occhi unico oggetto, Così vedeste aperto il mio dolore, Com'io vi porto ognor chiusa nel petto (1).
   L'idea del ritorno, l'idea di potersene star ancora in pace colla sua donna, dà un insolito movimento a'suoi versi:
   Ecco che pur ritorno Dopo tante fatiche A quelle piagge apriche Ove'l pianeta adorno Porta più lieto e più sereno il giorno: U'grazia e leggiadria Sieden in grembo della donna mia.
   Egli prega l'aura di precederlo presso Porzia e di dirle che:
   S'egli avesse vanni O penne ardita e preste, Com'io, certo il vedreste Meco, i suoi duri affanni Deporvi in grembo, e lieto de'suoi danni Sol col mirarvi fiso Viver nel sito terreno paradiso.
   Intanto un foco chiaro D'onesta alma pi'etate V'orni quella beltate Che gli tempra ogni amaro, Ch'ogni tormento gli fa dolce e caro ,* E il molle e casto letto Di gioja gli spargete e ó. diletto.
   Acciò che dopo tante Vaì ie amorose pene, In braccio al caro bene, Lieto più d'ogni amante
   (1) Rime, Bergamo, 1749; voi. I, p. 152.