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Storia della Letteratura Italiana nel Secolo XVI

U.A. Canello
Francesco Vallardi Milano, 1880, pagine 327

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a cura di Federico Adamoli

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   210
   capitolo vii.
   E poi ella e stanca del mondo e de' godimenti: un senso religioso la invade, e talvolta la conturba la paura dell inferno (1); c a Collatino stosso ella non dedicherà ormai che un culto amichevole, un affetto platonico.
   Quel desir eìie fu già caldo ed ardente A bellezza seguir fugace e frale, L'alta mercè di Dio, prese già l'ale, Ed è rivolto a più fido Oriente:
   /Seguendo del mio Conte solamente Quella interna bellezza, e senza uguale, Che con fortuna non scende e non sale E del tempo e d'altrui cura niente.
   Da qui indietro il suo sommo valore, La cortesia e il saggio alto intelletto D'alte opre vago e di perpetuo onore ;
   S ardori p>iù degna fiamma del mio petto, E più degno ricetto del mio core, E delle rime mie più degno oggetto (2).
   Così anche Gaspara Stampa percorreva la solita parabola: amava prima liberamente, ardentemente, scandalosamente; finiva poi tra le braccia dell'ascetismo, I suoi versi sono tra i più sentiti del cinquecento; e la costanza del suo affetto ne fa perdonare ancor oggi la illegalità ; mentre al critico rivela come pur in quest' liberi amori, quali erano anche quelli del Bembo per la Morosina, ci sieno tutti gli elemeni; per costituir la famiglia, sebbene l'effettuazione di questa potenzialità venisse frustrata in ambedue i casi per la troppa d1 tanza sociale tra gli amanti, e nel caso del Bembo anche dai Suoi vincoli ecclesiastici.
   Il cinquequento, che nella poesia narrativa ci si mostrava tutto intento a colorare l'ideale della sana ricostituzione della famiglia e già vagheggiantc quello della sana famiglia costituita, anche nella lirica ci può schierare dinanzi una bella scric di poeti che hanno cantato gli affetti coniugali, e la u pietà congiunta ».
   Cominciamo la nostra rapida rassegna da una donna, amante e sposa d'un poeta, da Barbara Torelli, moglie di Ercole Strozzi; la quale sul cadavere del recente marito, assassinato il 24 maggio 1508, scrisse un rozzo ma potente sonetto, che d Carducci mette a ragione « fra. le pochissime belle poesie che abbiano mai scritto le donne 1 taliane (o) ».
   Deh, perchè non poss'io la breve fossa Seco entrar dove hallo \l destili condotto, Colui che a pena cinque giorni ed otto Amor lego, pria de la gran pereossaì
   Vorrei col foco mio quel freddo g tei accio Intepidire, e rimpastar col pianto La polve e ravvivarla a nuova vita;
   E vorrei pose,.a baldanzosa e ardita Mostrarlo a lui che ruppe il caro laccio, E dirgli : Amor, mostro crudel, pub tanto (4).
   (1). 270 (ib. 1698). E v anche i son. 271-7.
   (2) Son. 279 (ib. 1701).
   (3) Dalla poesie latine di L. Ariosto, p. 194.
   (4) Presso il Carducci, op. cit. p. 194-5. L'assassino di Ercole Strozzi sì sospetta essere stato il duca Alfonso d'Este. V. Carducci, nel luogo or ora citato.