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capitolo vii.
Io lasso! non potei, iu non volesti, Ond'io misero son} tu non servita.
Due gran doni ti foce e rari il fato: Beltà maggior, che mai non vide il sole, Ed un servo fedel non mai mutato.
Così ti diede ancor V animo ingrato, Privotti di pietà, che far non suole, Vivente sotto il cielo alcun beato (1).
Puri egualmente ed egualmente vivaei furono gli amori del Sannazaro prima per la Carmosina, e poi per la Marchesa, in easa della quale morì. Egli dice (ed io inclino a prestargli fede) d'aver eantato ben quattordici anni (2) una delle sue amate, probabilmente la Carniosma (Bonifacio); e quando è costretto ad esulare da Napoli, egli se ne duole in modo, ehe mal distingui se più gl mporti la perdita della patria o quella della donna amata (8).
Il Cariteo aveva moglie, il Sannazaro vivea libero e solo; Giov. Guidieeioni era legato dai voti ceelesiastiei, ina eiò non gli impediva di amare e eantare per ben undiei anni una sua bella sdegnosa dalla quale lo liberò un passaggero ae-cesso d'aseetismo (4); ehe naturalmente non gl' impedì di tornar poi a eantar d' amore e di donne meno erudeli.
L'Alamanni ammogliato e con donna d'alti sensi alla quale egli indirizza la satira sesta per consolarla nelle strettezze dell'csiglio, amò caldamente, non una, ma tre donne e due di queste contemporaneamente: Flora, Clizia e la « ligure Pianta »; e i suoi sentimenti sfogò in numerosi sonetti; e Bernardo Tasso che seppe essere di volta in volta corteggiatore di donne famigerate e di alte patronesse, c sineero amatore della propria donna, amò anche, e non freddamente, d'amore platonico una Ginevra Malatcsta, sposatasi poi ad un amieo e protettore del poeta, il eavalier degli Obizi. Cotesto mati'imonio lo addolora; ma non lo dispera: i rapporti spirituali potevano continuare:
Poi che la parte men perfetta e bella, Ch'ai tramontar d'un dì perde il suo -fiore, Mi toglie il cielo e fanne altrui signore, Ch'ebbe più amica e graziosa stella;
Non mi togliete voi l'alma, eh'ancella Fece la vista mia del suo splendore, Quella parte più nobile e migliore, Di cui la lingua mia sempre favella.
Amai questa beltà caduca e frale Come immagin de l'altra eterna e vera, Che pura scese dal più puro cielo:
Questa sia mia, e d'altri l'ombra e il velo, Ch' al mio amor, a mia fè salda e intera Poca mercè saria premio mortale (5).
Ma se Bernardo Tasso si contentava dell'anima della sua Ginevra, e lo stesse dichiaravano delle loro belle altri puetiei amatori, veniva poi sempre il momento ch'osi i sonavano e confessavano, quasi forzati, l'innaturalezza di cotesto affetto.
(1) àon. 139 (P. I. XII, 56).
(2) Canzon. 9 (ib. 313). Nel son. 80 gli anni sono sedici; e il poeta desidera la morte che lo deliberi.
(3) Son. 07 lib. 293).
il) Vedi in isterie il son. 67 (P. I. XII,
(5) B. Tasso, Rime, Ven. 1560 ; p. 61. E si vegga anche la canzone « Almo mio sol, che col bel crine aurato » a p. 70 segg.