la lirica religiosa e filosofica.
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morte; quello di Bernardino Dell'Uva, frate eassinese, elie eompose sette canti in lodi di altrettante sante Vergini (Ze Vergini prudenti; Firenze 1Ó82); e quello di B. Baldi elio nel 1589 stampò a Vicenza eento e sei sonetti saeri per tutte le feste dell'anno, e einquantadue più tardi eon eonsiderazioni filosofiche e morali sulle rovine di Roma. Rieordiamo infine le rime spirituali di Celio Magno, tra le quali è notevole un inno a Dio (1574); e infine quelle di T. Tasso, fredde, por norma, e rieereate, se forse ne eeeettui la eanzone alla Madonna di Loreto, dove, tra molti versi medioeri, troviamo i seguenti assai buoni:
Ecco, fra le tempeste e i fieri venti Di questo grande e spazioso mare, 0 Santa Stella, il tuo splendor m'ha scorto . . .
0 Regina del Ciel, vergine e madre, Col mio pianto mi purga, Si ch'io per te risurga Dal fondo di mie colpe oscure ed adre, E saglia ove tua gloria alfin rimiri D'esto limo terreno Su nel sereno de'lucenti giri (1).
Se dalla liriea puramente religiosa ei rivolgiamo alla filosofiea, il nostro secolo si mostra aneor più searso di frutti veramente saporiti. Non maneano in vero al cinquecento lamentazioni filosofiche in versi sulle umane sventure, sul foto ehe domina tutti e tutti travolge ; abbondano le disquisizioni sulla natura e sugi effetti d'amore; ma nulla vi vediamo che inerit di essere rdovato.
Troviamo inveee qua e là qualelic saggio eeeellente di filosofia pratica, in eui si rivela uno squisito buon gusto. C.tiaino le satire dell'Alamanni e quelle del Bentivoglio; qualeuno tra i capitoli bernieselii o del Borni stesso (2); ma sopratutto ricordiamo le satire dell' Ariosto,, sovr'una delle quali avremo a ritornare in altro luogo.
L'Aiiosto, nelle satiro (o piuttosto epistole ehe si devano dire) è il più oraziano tra quanu ebbero dinanzi agli oeehi il grande modello. Egli ò oraziano nella forma, sempliee ed elegante; ma oraziano e sopratutto nel contenuto delle sue satire, ehe suonano elogio eontinuo d'una ben intesa moderazione in tutti i rapporti della vita.
Egli apprezza la rieehezza, ma non tanto da volerle sagrifiearc la prò] 'ia indipendenza; eosì ei potrebbe , faeencWi ehicreuto, acquistare ogni ben di Dio; ma la cliierea gli torrebbe la Liertà, ed egli rinuneia ai guadagni. Questo suo modo di vedere parrà ad altv follia; sta bene:
Ognun tenga la sua; questa è la mia: S a perder n'ha la libertà, non skmo Il più ricco cappel che in Roma sia (3).
Obbedendo agli ordini del Cardinal d'Este; egli potrebbe ancora guadagnare senza farsi chicrcuto; ma
Piuttosto che arricchir voglio quiete . . . . . . piuttosto ch'esser servo, Torrò la povertade in partenza.
(1) Opere, I, 93S.
(2) Vedi, p. es., i due capitoli del Mauro in lode del disonore; e anche i due del Perni Sulla peste.
(3) Sat. I. Opere minori, I, 157.
Casello. 26