La lirica guelfa.
Piange suggetto e sol: poi che gli è tolta L'antica gloria sua-di libertade (1).
Durenza, che per questa aprica valle Dolce vagando e mormorando vai, E'I tuo caro ,>'gnor (2) tosto vedrai.. .
Io per mal conosciuto alpestre calle Qui iggo il loco, oie gran tempo andai Lieto cantando gli amorosi lai, Lungo l'erbose °ve perse e gialle (3\
Quante io trovo campagne, piazze e monti, Quinci alle valli e i colli rassìmìqlio, Che la città del pio purpureo G'ylh Cingon d'intorno con l'erbose fronti.
Quanì onorai, fiumi, rivi e fonti Rigar veggio il terren verde e vermiglio, Quasi l'Arno e'I Mugnon con lieto c qlio Gli accolgo e eh amo a consolarme pronti.
Quante i( scorgo di qua donne e donzelle, Mi par Silvia veder tra Cinzii, e Flora Con quante ivi ne son legg idre e belle.
Così trapasso il duolo ad ora ad ora; Pur vo biasmando poi le crude stelle Che del vero mio ben mi tengon fuor a (4).
Quand'io vegg.o il villan con larga sp>eme Che con l'aratro in man pungendo bue Riga suo camp' per versarvi pò,, Quand'è il tempo miglior, l'amato seme,
Sospiro e di'so: Ohimè! costu non teme Nè l'Ispan nè il German ch'a' danni suoi Venghin rabbios come han fatto a noi (5).
In ben cento sonetti egli canta le lodi di Francesco I e della casa reale di Francia, e qua e là sa intercalarvi qualche ricordo della m lera Firenze che di Francia aspettava sempre il redentore; ma nel complesso si vede nell' Alamanni uno più preoccupato de' suoi mali privati, che non del pubblico danno.
Nelle satire eg .. s'esalta talora per interessi più larg':i. Nella seconda ei così si rivolge a Francesco I:
0 famoso s ynor de Gigli herede . . . Non fu peccato al mio parer sì leve Non ri^ovrar quel dì la bella donna (6), Che per voi troppo amar giogo riceve.
Se la fèr già di sè maestra et donna Carlo et Lu ;i, et voi perchè non sete A sostenerla in piì terza colonna?
(1) Son. 11 (P. I., XII, 1764).
12) Francesco I.
(3) Son. 14 (ib., 1765).
(4) Son. 236 ih., 183' ).
(5) Son. 231 [ib., 1838).
(ó) Firenze o l'Italia
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