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Storia della Letteratura Italiana nel Secolo XVI

U.A. Canello
Francesco Vallardi Milano, 1880, pagine 327

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a cura di Federico Adamoli

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   la lirica guelfa.
   185
   Da Napoli si levava la voce del Cariteo, barcellonese fattosi italiano per la lunga dimora a Napoli, alla corte deg Aragoncs (1). Egli era come il poeta officiale di quei re; e in una lunga canzono avea cantato quella sti pe, soffermandosi in ispccie alle lodi di Alfonso il magnanimo (2): e J.i un'altra bellissima avea sfocato la sua gioia por l'avvento al trono di Alfonso II, il liberatore di Otranto (3). Altrove egl avea detto:
   Alfonso della patria e padre e Dio . . . Tu sei quel Se pion, par cui il furore De' barbari fu vinto e disarmato, E per te v vo è morto ogni timore (4).
   Ora, non appena il pericolo s affaccia dalle Alpi mal vietate, il Cariteo si rivolge a Roma e al Papa perchè affidino le sorti d'Ita, a al suo principe 'ivitto:
   Madre di quelle antiche, invitte genti,... Tu vedi or c Aragona un tal fulgore Che dappresso riluce e da lontano, D °mperi o degno e d'immortale onore. Dunque, tu, santo principe romano, Se vuoi domare il barbaro furore, Fon l'armi in man di quest'altro Africano (5).
   Egli vede in lui un secondo Cam 'lo,
   Che domerà dei Galli il re superbo,
   e potrà anche
   Spi gere oltre l'alpe il suo vesoAlo (6);
   e sentendosi impari al suo soggetto, raccomanda per bocca d'Apollo le lodi d'Alfonso all'amico Sannazaro (7).
   Più tardi, quando vide discordi i principi taiiani nella causa comune, trovò accenti anche più elevati in una canzone che com ncia:
   Quale od'o} qual furor, qual' ra immane, Quai pianeti maligni Han vostre vogl'e unite or sì diase? Qual crudeltà vi move, o spirti ins jni, 0 anime italiane,
   A dare il latin sangue a genti nviseì... E tu santa immortai saturnia terra, Madre d'uomini e de
   Nei barbari converti or l'empia guerra (8).
   Il Sannazaro, che il Ca iteo chiamava a dire più degnamente le lodi d< ;li Aragonesi, non mancò all'invito; ma quando vide Alfonso II vilmente insaccare il suo oro e, d nentico della gloria acquistata come duca e delle grandi
   (1) Son. 193. Mori verso il 1508.
   (21 Canz. VI (P. I., XII, 90).
   (3) Canz. XV. (P. I., XII, 39).
   (') Son. 38 (P. I, XII, 29).
   (5) Son. 110 (P. I., XII, 47).
   (6) Son. 142 (ib„ 57).
   (7) Son. 97 (ib. 42.)
   (8) Canz. XVII (P I., XII, 110-11). Cfr. Carducci, Belle poesie latine di L. Ariosto, p 83-84 Canello. 24