le novelle.
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Un'aura di sana moralità spira da tutte queste novelle; e non già di quella moralità gretta ehe, mancando d'un' adeguata conoscenza della realtà della vita, giudica tutto dall'altezza d'inflessibili prinopì, ma di quella moralità 'utelligente, chc s'av\ cina al concetto del conveniente, quale noi l'abbiamo spiegato in altro luogo (p. 16). Così vediamo l'autore itrattencrs senza affettato disgusto a contare della vita allegra e lasciva delle coitigiano, e non mostrarsi troppo scandalizzato che i galvani abbiano a fare con loro; e così, se altrove egi s'accinge a narrare una specie di miracolo di S. Nicolao, e comincia col dire del r'spetto che si deve ai san del cielo, s: rimane dolcemente sorpres , imparando dal scgi-to del racconto che il miracolo li risolve in un fatto del tutto naturale, e che l'autor vero del miracolo è un savio giudice di Ferrara (D. V, n. 10).
Queste novelle hanno poi spesso uno speciale interesse storico , perciò che esse illustrino fatti poco noti, in ispecie della corte di Ferrara e della corte di Roma. Così la novella seconda della decade sesta ci dà luce su d' un avvenimento notevole nella vita del duca Alfonso 11 avvenimento nel quale ha avuto parte anche l'Anosto. E pur alcune di quelle novelle, chc hanno tutta l'aria d'essere semplici nvenziuni, s sono rivelate alla dotta critica come travestimenti di fatti del tempo (1).
In conclusi me, tra il Bandello e il Griraldi c'è una differenza nel contenuto materiale e ideale; ma non così grave, come a prima giunta può parere. Il Bandello conta cose più sudicie e le conta con qttalche maggiore larghezza, e nel giudicarne conserva un po' troppo della lassezza propria dei principi del secolo decimosesto: lassezza, che egli, frate, riesce a scusare coll'attribuirne quasi la responsabilità agli uomini di mondo ai quali le fa narrare. Il Griraldi, che cominciava a scrivere più tardi, sotto l'impressione d'un grande fatto, per il quale molti degli Italiani s sentivano come ammoniti a cangiar vita, è più pulito nella materia e qua e là affetta, all'occasione, una deferenza alla stretta morale e all'ortodossia cattolica, che non si trova poi nella sostanza delle sue novello. Egli tiene un poco di quella ipocrisia religiosa che era succeduta alla irreligiosità cinica del secolo. Se, insomma, il Bandello pare più lasso e più sudicio che in realtà non sia, :i Griraldi ha l'aria più misurata e quasi più fratesca che non sia la sostanza delle sue novelle.
A compimento di queste poche notizie sui novellieri del cinquecento, soggiungiamo che quella corona di svariati racconti che costituiscono le Metamorfosi o^s ¦ diane ebbe parecchie traduzioni, una delle quali buonissima. Nel 1522 usci va a Venezia quella frettolosa , in ottava rima, di Niccolò Agostini: c nel 1553, ivi stesso era pubblicata quella ben migliore di Lodovico Dolce. Nel 1561 alfine usciva compiuta quella classica dell' Angli tiara: traduzione libera, e più abbondante e fluida del testo stesso; alla quale nel 1570 contrapponeva la sua secca e fedele, col testo a fronte, Fabio Moretti.
Ricorderemo ancora, tra lo versioni e i rifacimenti di novelle classiche l'Ero e Leandro e il Piramo e Tishe di B. Tasso; e il Naroisso e l'Atlante e L. Alamanni.
E tra rifacimenti di cose bassolatino, i L scori degli animali del F en-zuola e la Mot al filosofia del Doni, che sono i icalchi del Calilay Limila; el 'E-rasto, d'autore ignoto (1519), che riproduce il noto racconto medievale dei Sette sapienti.
(1) Vedi A. D'Ancona, nella Rassegna settimanale, voi. II, p. 29.